Londra – Michael Adams, campione britannico del nobile gioco degli scacchi, ha perso la sua sfida contro un supercomputer mediorientale: Hydra , un calcolatore nato ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Il risultato dello scontro è stato un successo clamoroso per il giocatore in silicio che ha concesso all’avversario umano un solo pareggio in sei partite. “La mia impressione su questo Hydra… è che gioca bene”, ammette Adams. Tuttavia il numero uno del Regno Unito ha delle perplessità sulle potenzialità della macchina: “Si deve ancora vedere come se la caverà contro altri esseri umani”.
Hydra, proprio come il mostro mitologico, conta molte teste: la sua potenza di calcolo deriva da un cluster di 64 CPU Intel Xeon a 3,06GHz. Incredibilmente, la “bestia” ha utilizzato solo metà delle sue teste per strappare l’ambita vittoria contro Adams. In una intervista apparsa su Chess Base , Michael Adams ha rivelato che il suo avversario digitale “ha una strategia decisamente aggressiva”, e che riesce ad adattarsi perfettamente alle mosse dell’opponente, “mantenendo sempre un equilibrio strategico”.
Il potentissimo sistema multiprocessore, in grado di analizzare ben 200 milioni di mosse al secondo, è tra i più potenti mai sviluppati per il gioco degli scacchi. Gli studiosi hanno subito indicato il risultato di questa gara tra uomo e macchina come “unità di misura” dell’incredibile progresso tecnologico .
Ma l’epigono di Deep Blue, il computer che nel 1997 riuscì a sconfiggere il leggendario campione internazionale Garry Kasparov, ha semplicemente battuto uno dei sei miliardi e mezzo di esseri umani: c’è da stare sicuri, ricorda Adams, che la superiorità della macchine “non si può dimostrare dopo un solo match”. La differenza fondamentale tra un giocatore elettronico ed uno “in carne ed ossa” rimane comunque una: i computer non riescono a capire il significato profondo dell’attività a cui si dedicano. Almeno per il momento.
Tommaso Lombardi