L’infuocato vespaio di opinioni e contro-opinioni sollevato dalla chiacchierata lettera di Steve Jobs sulle controverse tecnologie di Digital Rights Management si arricchisce di un nuovo capitolo: dopo la presa di posizione ufficiale dell’industria , al CEO di Apple ora risponde anche Macrovision , realizzatrice di alcune delle più significative tecnologie anti-copia degli ultimi anni. Ed è, non poteva che essere, una dichiarazione d’amore totale per il DRM presente, passato e, si augura la società, futuro.
Fred Amoroso, CEO della DRM-company, sceglie di combattere le argomentazioni di Jobs usando la sua stessa arma: una lettera aperta all’industria e a Jobs stesso, in cui il dirigente discute amabilmente di quanto il DRM sia importante , come serva ai produttori ma soprattutto agli utenti e del perché, senza DRM, l’industria abbandonerebbe subito il fondamentale mercato della distribuzione dei contenuti in formato digitale.
Amoroso sottolinea prima di tutto come parlare di tecnologie di protezione non significhi limitarsi al solo mercato musicale , indirizzando in tal modo le proprie opinioni all’intero settore dei nuovi media piuttosto che a rispondere alla singola posizione recentemente presa da Apple. Comprensibile: il DRM è integrato nei supporti e nei dispositivi più disparati, dai lettori DVD ai videogame per PC e console.
A detta di Amoroso, il DRM è essenziale per una corretta gestione del mercato dei contenuti. I consumatori prima di tutto: le tecnologie DRM, a quanto dice, sono veicolo di ulteriori possibilità e modalità d’uso dei contenuti acquistati . “Ad esempio – suggerisce Amoroso – il DRM è eccezionalmente adeguato per garantire i diritti di un utilizzo misurato, in modo che i consumatori che non vogliono più possedere un contenuto, come un film, possano affittarlo ad altri. Similmente, i consumatori che vogliano fruire del contenuto su un singolo dispositivo possono pagare meno rispetto a quelli che vogliono usarlo in tutti i loro ambienti di intrattenimento – case di vacanza, auto, dispositivi differenti e in remoto”.
Leggendo alla rovescia le possibilità offerte dall’invenzione del peer-to-peer , dai formati DivX ed MP3 e da tutti gli standard che permettono di utilizzare qualsiasi contenuto in qualsivoglia contesto senza limitazione alcuna, Amoroso tira dritto per la propria strada sostenendo che “abbandonare il DRM destinerebbe tutti i consumatori ad una situazione di adatto a tutti , che non farebbe altro che aumentare il costo per molti di loro”. Che è più o meno, suggerisce Ars Technica , come considerare i libri, i CD-Audio DRM-free e le VHS come una situazione sostanzialmente inaccettabile per gli utenti, una condizione pre-tecnologica dal prezzo proibitivo e da cui rifuggire per crogiolarsi nel dorato mondo del DRM attuale e futuro.
Secondo Amoroso, i diritti aggiuntivi offerti dal DRM all’utente includono una spesa inferiore dei contenuti protetti. Un’affermazione discutibile: l’emergente mercato dei download legali ha dimostrato l’esatto opposto , con contenuti che costano quanto un DVD ma offrono caratteristiche tecniche inferiori e si rifiutano di passare dal PC alla televisione di casa.
Il presidente di Macrovision parla poi di interoperabilità , suggerendo che la stessa, applicata a tutta una serie di nuovi DRM (come la recente PlayReady di Microsoft ), sarà una ulteriore possibilità commerciale per le aziende di settore, con “nuovi dispositivi” ancora più sofisticati da vendere e con cui spennare e intrattenere e coinvolgere ancora di più il consumatore.
Il fantasioso CEO, invero abile ad argomentare tesi che Boing Boing non esita a definire a bunch of lies , un mucchio di bugie pure e semplici, sostiene infine che i DRM sono fondamentali perché le aziende partecipino alla convergenza digitale in un mondo che parla, compra e fruisce sempre più sui canali del network telematico mondiale. “Molto semplicemente – scrive Amoroso – se i proprietari di audiovisivi di alto valore vengono spinti ad entrare, o a rimanere in un mondo digitale privo di DRM, senza protezione per i propri contenuti, allora non avranno alcuna ragione per entrare o rimanere lì dove sono già”.
Ancora, Amoroso dimentica di considerare fatti importanti come la scelta di EMI di abbandonare i sistemi di protezione per i propri CD-Audio, e la semplice constatazione del dato di fatto che il DRM ha perso la lotta contro la sempre attiva pirateria informatica e telematica. Ed è altrettanto discutibile, scrive Ars , sostenere la morte del settore per mancanza di grossi player: con una così vasta possibilità di scelta oggi offerta dall’intrattenimento disponibile in rete, chiunque decidesse di ritirarsi dal mercato smetterebbe di essere una major con voce in capitolo. Un problema dell’azienda, non certo degli utenti .
Alfonso Maruccia