Roma – Majestic Online è un gioco di spionaggio, suddiviso in capitoli da scaricare in Rete, pagando una sottoscrizione mensile pari a dieci dollari. Un adventure a la X-Files, con alieni, spie e nemici di ogni sorta, vietato ai minori di diciotto anni per via dei suoi contenuti “adulti”.
Electronic Arts aveva interpretato Internet come un veicolo nuovo di distribuzione dei giochi, alternativo al costoso metodo tradizionale, basato sulla catena di negozi all’ingrosso e al dettaglio. Ma il 12 settembre, gli utenti di Majestic Online sono stati sorpresi da questo annuncio diffuso dall’editore: “EA ha temporaneamente sospeso il servizio fornito da Majestic. In seguito alla recente tragedia nazionale, crediamo che alcuni degli elementi fittizi nel gioco possano non essere appropriati in questo momento. Vi ricontatteremo di nuovo in occasione della ripresa del servizio. Confidiamo nella vostra pazienza e comprensione.”
Quali erano “gli elementi fittizi” incriminati? Forse il comunicato si riferiva alla trama generale del gioco, basata sul ricorrere di intrighi spionistici. Che potevano ricordare gli atti terroristici che minacciano la sicurezza nazionale. Ma i collegamenti sembrano labili e blandi: sufficienti per interrompere la fruizione di un gioco?
In ogni caso, il servizio è stato ripreso il 18 settembre. La gioia degli utenti per la notizia ricevuta è durata tuttavia ben poco: già il 26 settembre EA annunciava che Majestic sarebbe diventato un gioco “normale”, dotato della sua classica confezione rettangolare, distribuito come al solito attraverso la catena di negozi al dettaglio. A novembre uscirà il primo titolo; se ne prevedono in tutto quattro, pubblicati in confezioni separate e a distanza di tempo. L’editore, tuttavia, non sa ancora se il progetto avrà successo e se tutti i capitoli vedranno la luce: una premessa certo non incoraggiante per coloro che dovrebbero acquistare il primo capitolo del gioco nei negozi, a rischio di non riuscire ad assistere alla fine della storia, se l’iniziativa dovesse fallire commercialmente.
Sono sempre motivi prettamente economici ad aver determinato il cambio di rotta adottato da EA: la distribuzione online non rendeva infatti abbastanza. Da quest’estate, quando il progetto è stato lanciato, solo tredicimila e cinquecento utenti si erano iscritti per scaricare i capitoli mese per mese. Davvero pochi (per soli dieci dollari di sottoscrizione mensile), considerando l’importanza degli interessi economici che ruotano attorno a un gigante del mercato dei videogiochi come Electronic Arts. Il gigante si è spaventato e ha quindi deciso di sospendere miseramente il progetto: da novembre non sarà più nemmeno possibile iscriversi in Rete a Majestic Online.
EA ha dichiarato tutta la sua delusione: è fallita l’idea che voleva sfruttare la Rete come veicolo alternativo di distribuzione dei prodotti. E il grande editore torna ai vecchi metodi. Dubbio legittimo, malizia inevitabile: la decisione di sospendere temporaneamente il progetto, ratificata il giorno dopo la strage di New York, sottintende ragioni di marketing, piuttosto che motivi ideali.
Internet può non essere un buon veicolo per la diffusione dei giochi, sembra sostenere EA; gli utenti non sono abituati a pagare quello che circola in Rete. Ma non tutti la pensano così: da qualche mese è nata Garage Games , una società sperimentale creata dagli stessi autori del noto gioco Tribes 2. Gli sviluppatori hanno deciso di lasciare il loro proficuo lavoro presso Dynamix, per fondare con una scelta coraggiosa Garage Games.
L’idea di fondo è innovativa: lo staff ha sviluppato un motore di gioco tridimensionale (sulla base di quello di Tribes 2) e ne vende la licenza a un prezzo quasi simbolico (cento dollari). Chi l’acquista può quindi sviluppare un gioco che verrà pubblicato sul portale di Garage Games (a patto che rispetti alcuni standard e requisiti tecnici): la stessa società garantisce quindi pubblicazione, distribuzione e sviluppo della parte più complessa e costosa per un gioco, il motore grafico.
Le uniche spese per i novelli programmatori consistono nei cento dollari iniziali; poi dovranno versare a Garage Games il cinquanta per cento del ricavato dei giochi venduti, scaricabili dallo stesso sito della società.
Jeff Tunnel, il presidente di Garage Games, ha dichiarato che i giochi prodotti in questo modo potranno riportare l’universo dei videogame ai perduti allori di creatività; ormai l’omologazione dei prodotti è imperante, sostiene Tunnel, a causa dell’accresciuto volume di affari che regge questo mercato. Gli investimenti sono enormi, e solo di rado alcuni produttori incoraggiano i progetti innovativi, preferendo affidarsi a idee logore, che ripercorrono abusati canoni di gioco, basati sugli schemi dei prodotti di successo creati in precedenza.
Garage Games crede che, tagliando gli onerosi costi di distribuzione e di pubblicazione di un gioco, potranno emergere nuovi talenti e idee rivoluzionarie, “come ai vecchi tempi degli 8 bit”. I giocatori nostalgici, traditi dalle recenti creazioni dell’industria ludica, sfavillanti di grafica ma spesso vuote di originalità, trattengono il fiato; è bello sperare che l’ottimismo di Garage Games sia ben fondato.