Fra le fila dell’opposizione milita il primo parlamentare blogger, mentre il governo si abbatte sul web con un’epurazione delle voci fuori dal coro. Le dissonanze che investono la rete della Malaysia si manifestano in maniera stridente.
Pochi mesi fa un esponente del partito di maggioranza considerava i blogger ottusi scimmioni che infestano una giungla online senza regole. Un paragone in linea con l’atteggiamento che le autorità di Kuala Lumpur da tempo mantengono nei confronti della rete: avrebbero voluto imporre l’ obbligo di registrazione per i blogger, avrebbero voluto responsabilizzarli .
Poi, un inaspettato cambio di fronte: dopo aver invitato i media tradizionali e tradizionalmente asserviti alle autorità a non prestare ascolto alle voci traviate e travianti della blogosfera, il partito di maggioranza aveva imposto il blogging ai propri candidati. In molti avevano letto la disposizione non come un ravvedimento e un’apertura, ma come un semplice modo di contrastare la crescente influenza dei rappresentanti dell’opposizione.
A governare è ancora una volta la coalizione che guida la Malaysia dal momento della sua indipendenza, ma l’opposizione può contare su Jeff Ooi , uno dei blogger più seguiti del paese. Ma proprio mentre Ooi sul suo blog dispensa link e riferimenti alla propria carriera politica, si trova a dover denunciare un episodio di censura: Malaysia Today , quotidiano online non allineato alla propaganda statale, risulta inaccessibile .
Il quotidiano e il suo fondatore Raja Petra Kamaruddin erano già stati nel mirino del governo per un caso di diffamazione ; dopo aver pubblicato documenti di denuncia che testimoniavano la corruzione del sistema paese, erano stati accusati di attentare alla sicurezza nazionale, di incitare all’odio razziale, di seminare il terrore e diffamare cariche spirituali e temporali. Ora, un nuovo provvedimento: la Commissione per le comunicazioni e il multimediale della Malaysia ( MCMC ) avrebbe ordinato ai 21 provider locali di negare ai netizen l’accesso a Malaysia Today. Una richiesta basata su accuse fumose e su una legge che prevede esplicitamente di non poter essere impugnata come strumento di censura, una richiesta che cozza con le promesse di una rete senza blocchi formalizzate dal stato e mercato.
“Non intendiamo limitare la libertà o il diritto delle perone ad esprimersi – ha commentato il ministro degli Interni Datuk Seri Syed Hamid Albar – Tutti devono sottostare alla legge, anche i siti e i blog”. Il fondatore di Malaysia Today non si lascia spaventare dalle accuse: “Bloccare il mio sito è la mossa di un governo disperato che sta tentando di mettermi a tacere, ma non mi fermeranno – attacca Raja Petra Kamaruddin – È una dimostrazione come il governo non abbia idea di come maneggiare Internet”.
Gaia Bottà