Roma – UltraCade , una piccola società americana specializzata in macchine capaci di emulare i vecchi giochi “da bar”, ha presentato domanda all’Ufficio Brevetti americano per registrare il marchio e il logo del Multiple Arcade Machine Emulator, per gli amici MAME .
Nella vivacissima comunità del famosissimo emulatore open source l’annuncio ha sollevato un vero vespaio, tanto che alcuni gruppi di utenti stanno già promuovendo lettere di protesta e petizioni. Molti vedono infatti la mossa di UltraCade come il tentativo di appropriarsi indebitamente di un nome, MAME, che in tutto il mondo è ormai sinonimo di retrogaming , ovvero di passione per i titoli e le piattaforme che hanno fatto la storia del videogioco.
Ad infervorare gli animi è intervenuta la notizia secondo cui UltraCade avrebbe intenzione, una volta ottenuta la proprietà del marchio e del logo del MAME, di far causa agli autori del noto emulatore: tra questi figura lo sviluppatore italiano Nicola Salmoria, originario papà dell’emulatore e attuale coordinatore del progetto.
Il CEO di UltraCade, David R. Foley, ha voluto smentire questa voce in una lettera pubblicata sul sito della propria azienda. Qui Foley giustifica la decisione di registrare il marchio e il logo del MAME con la volontà di proteggere il proprio business dal mercato “sommerso” delle console e dei cabinet a basso costo basati sull’emulatore gratuito: macchine che, a suo a dire, vengono vendute a prezzi stracciati per indurre poi gli utenti ad acquistare, su Internet, migliaia di ROM (le immagini dei giochi da emulare) piratate. Le stesse ROM di cui, invece, UltraCade acquista le licenze e poi rivende insieme ai suoi sistemi di emulazione.
“Stiamo solo cercando di acquisire le armi legali necessarie per fermare la competizione illecita”, ha scritto Foley. “I nostri avversari sono le stesse persone che rubano il lavoro degli autori del MAME e, grazie ad esso, traggono profitto dalla vendita di macchine che non avrebbero alcun valore senza la disponibilità di giochi pirata”.
“Saremmo davvero felici – ha continuato il boss di UltraCade – di assegnare il trademark al team che sviluppa MAME o, in alternativa, di cancellare la nostra richiesta di registrazione del marchio. Tuttavia vogliamo impedire che altri utilizzino tale marchio commercialmente e in modo illegale, come del resto sta già succedendo. (?) Non abbiamo alcun interesse (nel perseguire, NdR) la comunità degli hobbisti”.
A prescindere dalle intenzioni di UltraCade, i supporter del MAME ritengono inammissibile che un’azienda tenti di aggiudicarsi diritti esclusivi su di un nome che, ormai da molti anni, identifica un celebre software gratuito e open source.
“Chi ci garantisce – ha scritto un utente di MAME sul forum del programma – che UltraCade non sfrutti commercialmente il marchio e il logo di MAME e non tenti di spillare royalty ai suoi autori?”.
Foley si è detto disponibile a “lavorare con la comunità” e fare in modo che questa possa accedere ad un maggior numero di giochi “a prezzi ragionevoli”. Una dichiarazione d’intenti che però difficilmente intenerirà gli appassionati di retrogaming, se non altro perché la stragrande maggioranza considera ormai i classici del videogaming come una sorta di “bene pubblico”, patrimonio dell’indefinibile (e non tassabile?) limbo dei ricordi.
La mossa di UltraCade e le dichiarazioni del suo CEO sono al centro di numerosi thread apparsi sul forum ufficiale del MAME.