Il conto era tornato salato, 220mila dollari per un totale di 24 brani scambiati sulla defunta rete P2P Kazaa . Jammie Thomas-Rasset è ora tornata alla carica legale , depositando una petizione all’attenzione dei giudici presso la Corte Suprema degli Stati Uniti. La sanzione imposta in appello – poco più di 9mila dollari per ciascun brano scaricato e condiviso – risulterebbe non equa ed incostituzionale.
Nei documenti preparati dai legali di Thomas-Rasset, si denuncia come la Recording Industry Association of America (RIAA) vorrebbe sfruttare la madre di famiglia per mandare un segnale chiaro a tutti gli scariconi della Rete. Una sanzione pecuniaria esemplare per avvertire migliaia di downloader negli States . I 220mila dollari di multa non rispecchierebbero affatto i danni economici reali sofferti dall’industria musicale a stelle e strisce.
Alla fine dello scorso agosto, il giudice federale Michael Davis aveva considerato assurda e soprattutto incostituzionale la sanzione invocata dalle major – inizialmente la richiesta era di 1,5 milioni di dollari – abbassando il totale per canzone a 2.250 dollari. Tornata a oltre 9mila dollari per singolo brano, la multa per Thomas-Rasset risulterebbe in violazione dei diritti costituzionali, in particolare quelli legati al giusto processo .
Nello specifico, gli avvocati della madre di famiglia hanno tirato in ballo la sentenza nel caso State Farm Mutual Automobile Insurance v. Campbell (2003), dove la stessa Corte Suprema aveva invocato il principio del due process per limitare la sanzione economica a meno di dieci volte la richiesta iniziale dell’accusa. In un singolo caso civile, i vertici di RIAA non potrebbero rifarsi delle violazioni commesse da migliaia di utenti.
Mauro Vecchio