Kuala Lumpur (Malaysia) – Bambini sempre meno liberi, intrappolati in un database sin dalla più tenera età, o semplicemente più sicuri? Dopo le scuole ipersorvegliate ed i braccialetti per non perdere di vista i pargoli, ecco il marchio alla nascita . Accade in Malaysia: gli alti ufficiali di polizia hanno sollecitato ufficialmente l’introduzione di un nuovo archivio biometrico nazionale, che preveda la registrazione integrale di tutte le impronte digitali anche per i neonati .
Il progetto mira alla creazione di una carta d’identità biometrica, chiamata MyKid , appositamente creata per i minori di dodici anni. L’obiettivo delle autorità, speranzose di poter contare sul benestare dell’esecutivo, è di catalogare i cittadini dalla nascita fino alla morte. Gli abitanti della Malaysia sono già obbligati a prelievi di impronte digitali all’età di dodici anni. Successivamente, i dati biometrici vengono aggiornati ad ogni rinnovo della carta d’identità.
Supt Amidon Anan, comandante della Polizia Federale, è lapidario: “Una mano funziona con cinque dita. Registrando tutte le impronte digitali, sia delle mani che dei piedi, abbiamo meno possibilità di sbagliare un’identificazione”. Niente di nuovo sotto il sole: Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno da tempo abbracciato la catalogazione di pollici ed alluci .
La differenza sostanziale rispetto a questi paesi è che in Malaysia, prossimamente, le impronte verranno prelevate subito dopo la nascita. Come già avviene in alcuni ospedali di Madrid per evitare gli spiacevoli “scambi di bebè”. Ed è infatti spagnola la Robotiker , grande azienda che produce scanner biometrici per l’infanzia.
Proprio in queste ore, intanto, Cisco annuncia il lancio sul mercato di un sistema completo a basso costo per una sorveglianza a tutto campo delle “risorse aziendali”, basata su piccole etichette RFID. C’è chi si chiede se i rischi paventati da molti sul futuro di una società ipercontrollata siano qualcosa di più di una semplice possibilità.
Tommaso Lombardi