Nel suo intervento di queste ore al Senato, in vista del Consiglio Europeo del 25 e 26 marzo, Mario Draghi ha fatto il punto sulla situazione italiana e sul piano vaccini, indicando quest’ultimo come lo snodo cruciale per poter affrontare ogni discorso successivo. Draghi ha tuttavia fatto un riferimento molto importante anche alla tassazione dei colossi del Web, dimostrando di avere fermo il polso della situazione su questo fronte.
Mario Draghi, promesse di Web Tax
Nel felicitarsi per la presenza di Joe Biden alla seduta del Consiglio Europeo, e nel rimarcare il successo dell’apertura dello stesso Biden ad una concertazione sulla tassazione delle multinazionali, Draghi ha voluto fare un riferimento specifico al ruolo dell’OCSE su questo piano. Non interventi nazionali che in passato hanno dimostrato di non poter cogliere nel segno, né un intervento meramente europeo che darebbe un andamento zoppo all’iniziativa, ma un concordato transnazionale che generi una nuova piattaforma su cui poter lavorare per la definizione della tassazione di queste grandi aziende che – legittimamente – eludono il regime fiscale a cui rispondono i mercati.
Spiega Draghi:
In Italia, il programma Next Generation EU offre un’enorme opportunità: come ricordato dal ministro Colao nella sua audizione parlamentare, il 20% dei fondi destinati a finanziare i piani europei di ripresa e resilienza riguarda proprio la trasformazione digitale. Ma lo sviluppo di questi nuovi settori non può prescindere da un’equa distribuzione dei loro proventi. Riteniamo che il Consiglio Europeo debba procedere verso una soluzione globale e consensuale sulla tassazione digitale internazionale, entro metà 2021, nell’ambito dell’OCSE.
Il Presidente del Consiglio va anche oltre: se i tempi sono tanto circostanziati, allora il ruolo dell’Italia potrà e dovrà essere protagonista in tal senso.
Credo sia un approdo possibile, grazie proprio alla collaborazione con la nuova amministrazione degli Stati Uniti, e quindi su questo fronte noi intendiamo impegnarci. In altre parole, si vede una certa quale apertura, una certa quale disponibilità dall’amministrazione di un Paese che in passato invece aveva dimostrato completa chiusura sulla possibilità di avere una tassa digitale. La presidenza italiana del G20 è un’occasione particolarmente adatta per farlo.
Mario Draghi se ne assume insomma la responsabilità: promette tra le righe di voler mandare a segno quella Web Tax di cui da tanto si discute ma per la quale non c’erano in precedenza i presupposti. Quando? Ora, subito, nel nome di quell’alleanza atlantica citata nel suo discorso introduttivo della sua Presidenza, nel nome di un orientamento strategico e di mercato che ci deve proiettare verso il polo atlantico pretendendo però eque condizioni e reciproco rispetto.