Quando la realtà e l’area del virtuale non sono più distinguibili, quello che ne nasce è un nuovo posizionamento dell’elemento umano, la cui percezione viene a perdersi tra quella che è la realtà e quella che è una realtà simulata. In questo punto di tangente tra i due mondi nasce il Metaverso ed è con questa ambizione che Mark Zuckerberg presenta oggi tre nuovi prototipi in grado di concretizzare quella che è la mission del gruppo Meta.
La grande novità non sono i prototipi di per sé stessi, quanto l’orizzonte che potrebbero consentire di superare in prospettiva. La spiegazione è infatti nelle stesse considerazioni che Zuckerberg porta avanti nella propria introduzione ai risultati della bottega di sviluppo di Menlo Park:
Gli schermi in grado di riprodurre completamente l’ampiezza della visione umana ci permetteranno di raggiungere risultati davvero fondamentali. Il primo è un senso realistico della presenza, ovvero la sensazione di trovarsi con qualcuno o in un luogo come se fossimo davvero lì. Se pensiamo a quanto sia importante per noi aiutare le persone a creare legami, il grande significato di questo traguardo risulta subito evidente. L’altro giorno, mentre testavo alcuni dei nostri avatar fotorealistici, ho vissuto un’esperienza di realtà mista. Guardatevi intorno, osservate l’ambiente che vi circonda, la stanza in cui vi trovate. Se vi toglieste il visore, tutto rimarrebbe esattamente uguale, tranne il fatto che con voi c’è un’altra persona con cui potete interagire. Potete vederla muoversi e avete la sensazione che sia davvero lì con voi. Ora immaginate che si tratti di un membro della vostra famiglia che vive lontano o di qualcuno con cui collaborate a un progetto o persino un artista che amate. E immaginate come sarebbe avere la sensazione di trovarvi fisicamente insieme nello stesso ambiente. Questa è la presenza e questo è il significato che il termine ha per me.
Come si sviluppa la VR 3D
Nel momento stesso in cui la percezione delle distanze spazio-temporali vengono ad annullarsi, istantaneamente si sarà creata una nuova fortissima emozione che potrebbe avere grandissimo impatto. Uno strumento simile, infatti, potrebbe avere profonde ripercussioni a livello lavorativo, sentimentale, operativo, familiare: gli ambiti di applicazione sono infiniti poiché afferenti all’infinita gamma di sfumature della natura umana. Ancora Zuckerberg: “Abbiamo visto come la nostra cultura si evolva per integrare i livelli di completezza e profondità che la tecnologia è in grado di offrire. Questo porta inevitabilmente all’accesso a nuove forme d’arte e di espressione individuale. Le persone desiderano essere capite. Ecco perché riteniamo fondamentale la possibilità di esprimersi nel modo più immersivo e realistico possibile“.
Superare un test di Turing visuale significa consentire alla persona di immergersi all’interno di una storia invece di assistervi di fronte ad uno schermo bidimensionale. Il 3D non era forse altro che un assaggio primordiale di ciò che andrà ad accadere, potendo restituire qualcosa di completamente nuovo alle esperienze umane: un impatto forse simile a quella che è stata la cinematografia negli anni successivi ai Lumiere, ma con un interessamento sempre più profondo della sinergia tra elementi tecnologici ed apparati sensoriali del corpo umano.
Il test di Turing visivo, come lo chiamiamo insieme a molti altri ricercatori accademici, è un modo per valutare se ciò che viene visualizzato in VR è distinguibile dal mondo reale. […] Anche se la VR è già in grado di creare una forte sensazione di presenza, abbastanza convincente da far credere alle persone di trovarsi davvero in un luogo virtuale, non ha tuttavia raggiunto un livello tale da far sorgere il dubbio se ciò che ci circonda sia virtuale o reale.
Michael Abrash, Meta Reality Labs Chief Scientist
La risoluzione è il primo aspetto sul quale Meta andrà a lavorare, portando il limite ad un livello ben più elevato rispetto ad oggi ed avvicinandolo fortemente a quelli che sono i limiti organici della retina. Si lavorerà inoltre sulla distorsione e sulla messa a fuoco, ulteriori aspetti che la tecnologia ha il dovere di risolvere per riconsegnare all’occhio la piena sensazione della realtà. La sfida una complessità abnorme:
Secondo le nostre stime, per ottenere la visione perfetta del campo visivo umano sarebbe necessaria una risoluzione superiore agli 8K. Considerato il funzionamento del sistema visivo umano, in effetti tutti questi pixel non sono necessari, perché gli occhi non percepiscono gli oggetti ad alta risoluzione in tutto il campo visivo. Ciò che viene messo a fuoco è ad alta risoluzione. Questa però si riduce notevolmente a livello periferico, anche se rimane comunque ben superiore a quella che uno schermo è attualmente in grado di fornire.
In termini relativi significa portare il numero di pixel per grado a circa 60, con una risoluzione che è circa del 250% superiore a quella degli attuali visori (quale il top di gamma Meta Quest 2 di Oculus). Se a ciò si aggiunge la necessità di lenti in grado di flettere per spostare la focale, oltre ad un nuovo livello di HDR, ecco che le sfide si sommano e si stratificano ad un livello difficilmente commisurabile in relazione a quanto realizzato fino ad oggi.
Starbust, Butterscotch, Holocake 2: i lavori procedono in parallelo su device di questo tipo, che Zuckerberg ha presentato nelle sue stesse mani:
In questi dispositivi ci sono due elementi evidenti: in primis, un assaggio di futuro che dimostra come l’orizzonte del possibile abbia potenzialità abnormi; tra le righe c’è un rilancio delle ambizioni di Meta, che vuol dimostrare di essere avanguardia in un settore nel quale Zuckerberg vuol essere il primo per poter giovare in massima misura di quello che ne sarà il ritorno economico.
Dove la VR non è arrivata, dove il 3D è fallito, la VR 3D potrebbe generare opportunità proprie di quella che sarebbe una vera e propria rivoluzione. Non è solo questione di metaverso: è questione di percezione, empatia e ribaltamento completo dell’esperienza dell’uomo in sinergia con la macchina.