Maroni e P2P, un paradosso insostenibile

Maroni e P2P, un paradosso insostenibile

Ne parlano i promotori dell'associazione che lavora verso la costituzione di un Partito Pirata italiano. Con questo diritto d'autore - spiegano - il Belpaese non va da nessuna parte
Ne parlano i promotori dell'associazione che lavora verso la costituzione di un Partito Pirata italiano. Con questo diritto d'autore - spiegano - il Belpaese non va da nessuna parte

Gentile redazione di Punto Informatico, abbiamo letto l’articolo Maroni e P2P: io scarico illegalmente da voi pubblicato il 15 settembre 2006 e vogliamo riportare le nostre considerazioni in proposito.

Una cosa da mettere in evidenza è una frase sibillina che potrebbe trarre in inganno i meno attenti. Nell’articolo suddetto è riportato infatti che “scaricare da Internet è un furto”, ma questa è un’affermazione falsa. L’affermazione corretta è “copiare materiale coperto da diritto d’autore (inteso come sfruttamento economico dell’opera) è reato”. Nel caso di copia di materiale di dominio pubblico o distribuito con una licenza che ne permette la copia, non si commette alcun illecito.

Quindi, generalizzando, si potrebbe affermare il contrario, cioè che “scaricare da Internet non è reato”, rimanendo comunque altrettanto vero che “scaricare da Internet materiale coperto da copyright è reato”. Dicendo che “scaricare da Internet è un furto”, sarebbe come dire che “aprire una porta è reato” al posto di affermare correttamente che “aprire una porta chiusa, forzandola, è reato”. Sembrano banalità ma è su questi giochi di parole che si basano le strategie per instillare le proprie idee alla massa. Pertanto, visto che siamo nell’era dell’uso improprio dei termini (“portatori di pace” al posto di “soldati”, “trusted computing” al posto di “sistemi affidabili”, “hacker” al posto di “criminali informatici”,…) è quanto mai sempre più necessario fare una buona informazione utilizzando i termini opportuni.

Detto questo, e detto anche che la legge deve comunque essere rispettata se vogliamo continuare a vivere in un Paese che abbia per lo meno una parvenza di civiltà, è fuori da ogni dubbio il fatto che le opere dell’intelletto siano frutto e patrimonio della cultura di un Paese. E per questo è giusto che all’autore venga riconosciuta la paternità della sua opera, ma è opportuno anche che sia possibile fruire della stessa da parte dei cittadini.

Quello che si viene a delineare è che ci si sta sempre più rendendo conto di essere legati ad un vecchio modello per la distribuzione delle opere, in cui i produttori ed i distributori sono le figure predominanti, piuttosto che l’autore dell’opera stessa. Inoltre c’è un’altra considerazione da fare: la legge che regola il diritto di sfruttamento di un’opera dell’ingegno è nata con l’intento di incoraggiare la produzione di opere cercando di ricompensare gli autori ma ormai è diventata soltanto un sistema per far arricchire i detentori dei diritti (quasi sempre i produttori/editori/distributori e non gli autori). Essa infatti prevede che l’opera possa essere “sfruttata commercialmente” per un periodo dell’ordine di un secolo, in quanto i diritti di sfruttamento di un’opera decadono, per la legge italiana, dopo 70 dalla morte dell’autore.

Grazie a questa legge, ad esempio, “Il piacere” di Gabriele D’Annunzio, scritto tra il 1888 ed il 1889, poco dopo l’invenzione dell’automobile (1885), potrà essere liberamente fruibile nel 2009, cioè ben più tardi rispetto all’invenzione dell’aeroplano (1903) e addirittura 40 anni dopo lo sbarco del primo uomo sulla Luna (1968). Si potrebbe, a ragione, parlare di “diritto dinastico” piuttosto che di diritto d’autore.

Nel corso dei secoli il mondo degli affari si è sempre più impadronito della cultura e della libertà d’espressione dei cittadini. In tutti i Paesi del mondo nel corso degli anni sono state approvate decine di leggi che in fin dei conti tutelano gli operatori commerciali che hanno a che fare con la cosiddetta “proprietà intellettuale”. Siamo arrivati al punto che può essere persino citabile in giudizio una persona che fischietta per strada un motivetto sentito alla radio, poiché potrebbe essere considerata una “esibizione in pubblico” o addirittura che è necessario pagare una tassa alla SIAE anche nel caso di diffusione di musica o filmati non coperti da copyright. Inoltre, molti sono i settori ormai imbrigliati dall’enorme quantità di brevetti già depositati, che rendono impossibile lo sviluppo di tecnologie e soprattutto la libera concorrenza.

Forse qualcosa andrebbe decisamente riveduto…

Cordiali saluti,

per Ass. prom. soc. Partito Pirata
Alessandro Bottoni
Claudio Brovelli
Athos Gualazzi
Daniele Masini
Joanne Maria Pini

Grazie per la vostra email
condivido la preoccupazione e molti dei contenuti da voi esposti, di cui Punto Informatico si occupa quotidianamente da molti anni.
Ci tengo solo a puntualizzare che l’espressione scaricare è un furto non è stata espressa da questo quotidiano quanto da Bobo Craxi , sottosegretario agli esteri, in una frase virgolettata che si trova nell’articolo da voi ripreso.
PI ha dedicato decine (centinaia?) di articoli, spesso densi di contenuti legali, proprio alla differenza tra il download e l’illegalità, così come a quella tra hacker e cracker piuttosto che tra affidabilità e trusted computing. Concordo: il lessico è essenziale.
Un saluto e buon lavoro, lo continueremo a seguire da vicino con grande interesse.
Paolo De Andreis

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Pubblicato il
12 ott 2006
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