No alle leggi che regolamentino Internet come se fosse un mondo diverso da quello abbracciato dall’ordinario quadro normativo, ma una linea di condotta comune da adottare per fronteggiare e prevenire situazioni in cui la libertà di espressione sconfina massicciamente in quello che potrebbe essere giudicato un reato. I rappresentanti degli operatori della rete, Facebook in primis, si erano rivolti direttamente ai rappresentanti del governo dopo che, a seguito dell’aggressione al Premier e del polverone sollevato fra bacheche e profili, si era brandita la minaccia di leggi ad hoc che punissero cittadini e piattaforme, responsabili di certe sortite e intermediari della rete.
Si punterà invece su un codice di autoregolamentazione : così è stato stabilito nel corso dell’ incontro che si è svolto nel pomeriggio presso il Viminale, incontro che ha messo a confronto prospettive e competenze del vice ministro delle Comunicazioni Paolo Romani, del capo della polizia Antonio Manganelli, del consigliere ministeriale con delega alla sicurezza informatica Domenico Vulpiani, del capo della polizia postale Antonio Apruzzese, dei rappresentanti del ministero delle Politiche Giovanili, ma anche delle aziende, fra cui Confindustria, Assotelecomunicazioni, Associazione italiana internet provider, British Telecom, Fastweb, H3g, Vodafone, Wind, Telecom, Facebook, Google e Microsoft.
Il ministro Maroni, che aveva minacciato repressione a mezzo chiusure e oscuramenti imposti dalle autorità per le pagine che ospitassero incitazioni alla violenza, sembra aver cambiato punto di vista: “Abbiamo affrontato il tema di come impedire la commissione di gravi reati su Internet e come rimuoverne i contenuti – ha spiegato Maroni – La strada da seguire è quella di un accordo fra tutti definendo un codice di autoregolamentazione che coinvolga tutti i soggetti interessati, evitando interventi di autorità”.
È possibile che il Ministro sia stato informato dell’impossibilità di agire in maniera chirurgica nelle rimozioni, è possibile che abbia compreso le dinamiche del ruolo svolto dagli intermediari della rete, costretti a confrontarsi con un’enorme mole di contenuti caricati dai netizen: per questo non fa più riferimento alla soluzione finale dell’intervento delle autorità ma invita gli operatori della rete alla collaborazione, affinché le segnalazioni relative a un contenuto inadatto vengano elaborate in maniera tempestiva e coerente, in modo da agire più che prontamente qualora i contenuti violassero la legge.
Non sarebbe dunque necessario l’avvento di alcuna legge repressiva come l’ emendamento D’Alia che gravi sugli intermediari attribuendo loro responsabilità mai descritte dalla legge, né di alcuna legge come il DDL Lauro , che attribuisca delle pene particolarmente pesanti ai cittadini che si macchino di reati commessi a mezzo comunicazione telefonica o telematica. Sarebbe sufficiente quello che Maroni definisce un accordo, un codice di autoregolamentazione che coinvolga tutti gli operatori della rete – in Italia e all’estero, auspica il Ministro – che tracci delle linee guida per l’intervento qualora attraverso le piattaforme in rete i cittadini si intrattengano in condotte sospettate di essere illegali. Sarebbe a parer di Maroni “il primo caso al mondo” in cui si potrebbe realizzare “un grande accordo di responsabilità fra tutti gli operatori” capace di bilanciare le esigenze della “libertà di espressione del pensiero e quella di rimuovere contenuti che integrino gravi reati”.
Non bastano dunque le policy adottate finora dagli intermediari della rete, basate sulle rimozioni sollecitate dalle segnalazioni degli utenti. Le loro proposte verranno vagliate e confluiranno nel prossimo incontro previsto per metà gennaio.
Gaia Bottà