Dopo un anno e mezzo di lavoro, lo strumento scientifico noto come Alpha Magnetic Spectrometer ( AMS ) e montato sulla Stazione Spaziale Internazionale ha fornito i primi dati su quella che potrebbe rappresentare la prova sperimentale dell’esistenza della materia oscura . In alternativa, si tratterebbe di un fenomeno fisico totalmente nuovo.
Come spiega Roberto Battiston , ricercatore, professore universitario (Dipartimento di Fisica presso l’Università di Trento) e vice-responsabile del progetto AMS, il massiccio rivelatore installato nello spazio (7,5 tonnellate orbitante a decine di migliaia di chilometri orari a bordo della ISS) è in grado di catturare e misurare i raggi cosmici provenienti da “acceleratori cosmici” che a differenza di quelli terrestri sono di dimensioni ciclopiche (“grandi quanto un pezzo di galassia”, dice Battiston) e non si fermano mai.
I primi dati registrati da AMS provengono da 25 miliardi di eventi registrati in questo anno e mezzo di attività, spiega il CERN, e riguardano un fenomeno particolare che negli ultimi anni è di particolare interesse per la comunità scientifica mondiale vale a dire, spiega ancora Battiston, “l’aumento, al crescere dell’energia, della frazione di positroni, l’antiparticella dell’elettrone, rispetto agli elettroni”.
L’AMS ha dunque scoperto che il numero di positroni rispetto agli elettroni aumenta nei livelli energetici compresi fra 10 GigaelettronVolt e 250 GeV, con il tasso di crescita dell’energia che diminuisce di 10 volte fra i 20 GeV e i 250 GeV, e si appiattisce ai livelli energetici superiori.
I dati provano prima di tutto le capacità e la precisione delle misurazioni ottenibili con l’AMS, fornendo poi risultati sperimentali che sono consistenti con il numero di positroni originatisi dall’annichilimento delle particelle di materia oscura nello spazio.
I positroni misurati dall’AMS e provenienti da fenomeni energetici noti sono in quantità superiori a quanto previsto, e rappresenterebbero una prima prova non definitiva dell’esistenza della materia sconosciuta che non interagisce con quella a noi nota ma che dovrebbe costituire il 95 per cento delle materia presente nell’universo. Le misurazioni che l’AMS potrà condurre nei prossimi mesi e anni dovrebbero in tal senso fornire una risposta più precisa.
Alfonso Maruccia