Rojadirecta è un nome noto ai tribunali di mezzo mondo: dalla Spagna, paese d’origine, agli USA, passando naturalmente per l’Italia, la piattaforma dedicata all’organizzazione dei link allo streaming di eventi sportivi ospitati altrove ha subito ovunque sequestri e inibizioni, reinventandosi di volta in volta per rinunciare al proprio business portato avanti parallelamente alle lucrose negoziazioni dei diritti sportivi. Mediaset che al pari di Sky da anni si batte contro il sito e i suoi emuli per difendere la propria esclusiva sui diritti della partite, ha ottenuto un nuovo ordine di inibizione.
Nonostante il comunicato emesso da Mediaset sia arido di dettagli, si spprende che in questo caso si tratta di un provvedimento rivolto direttamente a Fastweb, che non avrebbe assolto gli obblighi dettati in precedenza dall’autorità giudiziaria. Non si tratta infatti del primo ordine di inibizione a calare su Rojadirecta ad essere emanato dalla giustizia italiana: nel 2013 il Tribunale di Milano, dopo una prima ordinanza, aveva disposto l’inibizione degli accessi, e nel 2014 nuove richieste , per diversi domini di riferimento del sito, erano state avanzate nei confronti dei fornitori di connettività, anche ad investire gli indirizzi IP futuri con i quali di volta in volta il portale si sarebbe manifestato.
Mediaset, chiamando direttamente in causa il fornitore di connettività, ha ottenuto ora che la Sezione Specializzata in Materia di Impresa del Tribunale di Milano gli imponesse l’ inibizione degli accessi a Rojadirecta per i propri clienti, pena una sanzione di 30mila euro per ogni giorno di ritardo nell’applicazione dei sigilli.
Mediaset comunica la decisione citando “it.rojadirecta.eu, uno dei principali siti che viola sistematicamente il copyright delle gare di Serie A e Champions League”. Ma avverte che “la magistratura milanese ha anche vincolato l’azienda di tlc all’immediata rimozione di tutti i siti con nome “rojadirecta”, indipendentemente dal paese in cui sono registrati”. Senza la certezza di sapere cosa il Biscione intenda per “rimozione”, è possibile immaginare che l’ordine di inibizione calato su Fastweb ricalchi la formulazione già prevista in passato per lo storico ordine di inibizione disposto nel 2008 The Pirate Bay, quando il decreto imponeva agli ISP di agire sui “relativi alias e nomi di dominio presenti e futuri, rinvianti al sito medesimo” e su “ogni ulteriore indirizzo IP statico associato ai nomi stessi nell’attualità e in futuro”. Ordinare l’azione sui nomi a dominio che ospitino semplicemente il riferimento al nome “rojadirecta” potrebbe porre l’operatore di fronte alla necessità di scegliere se rendere inaccessibili domini pienamente legittimi su cui ci si intrattenga dibattendo di direttori di gara o di scorrettezze sul campo da gioco.
Del resto, come ampiamente dimostrato dalla vicenda The Pirate Bay, quello che Mediaset celebra come provvedimento che “darà un impulso determinante ai fornitori di connettività nell’inasprire tutte le iniziative idonee a contrastare la pirateria sui contenuti a tutela di tutte le imprese editoriali italiane” potrebbe rivelarsi una goccia nell’oceano: il trasformismo delle piattaforme braccate dai detentori dei diritti è cosa conclamata . Senza contare che i fornitori di servizi proxy e di DNS alternativi generalisti certo non portano il nome di un raccoglitore di link allo streaming di eventi sportivi.
Gaia Bottà