In principio, l’evento trionfale per la rinascita online , ad un anno esatto dal raid ordinato dal copyright statunitense. Una settimana di gloria per il nuovo Mega, con milioni di utenti registrati e svariate decine di milioni – almeno secondo il founder Kim Dotcom – di contenuti caricati sulla piattaforma di file hosting. Con la ferma intenzione di comportarsi da bravi ragazzi, Dotcom e soci sono tornati alle vecchie e spinose problematiche sulla legalità del materiale presente nei loro ampi armadietti digitali.
Lanciato contemporaneamente alla rinascita digitale del cyberlocker, il motore di ricerca francese Mega-Search.me ha permesso agli utenti di ricercare file all’interno della stessa piattaforma in the cloud . Dal momento che i responsabili di Mega avevano annunciato specifiche tecniche di cifratura per evitare la condivisione selvaggia dei contenuti, il search engine transalpino si era rivolto ai comuni netizen per una sorta di indicizzazione volontaria in modalità crowdsourcing .
Dalle query inserite nel box di ricerca di Mega-Search, i primi contenuti illeciti – dal nuovo film di Quentin Tarantino Django Unchained ai dischi di Elton John – hanno fatto drizzare le orecchie a tutti, Mega compreso . Stando ad un comunicato diramato sulla homepage di Mega-Search, l’impero di Dotcom avrebbe sfruttato uno script ad hoc per eliminare tutti i file indicizzati dal motore di ricerca . Il servizio è presto diventato inaccessibile sul web, abbattuto perché non affatto gradito ai responsabili di Mega. Ma nel weekend si promettono sorprese .
Stando alle spiegazioni offerte da Dotcom alla testata specializzata TorrentFreak , Mega-Search non avrebbe previsto alcuna procedura di rimozione dei link – takedown notice , come previsto dal Digital Millennium Copyright Act (DMCA) – su eventuale segnalazione di soggetti terzi detentori dei diritti. “Non hanno giocato secondo le regole”, ha dichiarato il corpulento founder di origini tedesche. In aggiunta, Mega-Search avrebbe sfruttato senza permesso il brand Mega , facendo credere agli utenti di essere un servizio affiliato e dunque autorizzato.
Avvertita da misteriose organizzazioni del copyright, la piattaforma di file hosting si è mossa rapida per dare un’immagine pulita e dunque evitare una nuova guerra con l’industria di Hollywood. Al di là delle grida belliche di associazioni schierate come l’australiana StopFileLockers (SFL), Mega sembra più interessata alla sicurezza interna – offerti più di 13mila dollari a chiunque riuscirà a violare le maglie della cifratura dei file – che a battibeccare con i signori del copyright.
Nelle ultime dichiarazioni dell’avvocato di Dotcom Ira Rothken, il sito avrebbe risposto in appena due giorni a 150 richieste di rimozione inviate sulla base legislativa del DMCA . In maniera curiosa, la stessa piattaforma avrebbe cavalcato anche false takedown notice per rimuovere il materiale indicizzato dal motore di ricerca Mega-Search. Che i vecchi alfieri della condivisione siano ora diventati dei severi poliziotti di Internet?
Mauro Vecchio