Kim Dotcom tornerà finalmente in possesso degli elementi su cui edificare la strategia legale con cui si potrà difendere nel caso Megaupload: il confronto in tribunale che dovrà decidere riguardo all’estradizione negli Stati Uniti è previsto per febbraio 2015 e il fondatore del servizio di hosting ha ottenuto il via libera alla restituzione del materiale digitale conservato sui computer e sugli hard disk requisiti dalle forze dell’ordine dalla sua abitazione neozelandese, nel lontano 2012 .
Il raid, ordinato dalle autorità statunitensi e messo in atto dalle forze dell’ordine della Nuova Zelanda, si era concretizzato nel sequestro di 135 dispositivi, tra macchine e supporti di archiviazione: se la legalità dell’operazione è stata confermata mesi fa, in sospeso c’era da determinare il destino dei dati rastrellati, contesi fra le autorità neozelandesi e quelle statunitensi. L’accesso a questi dati è stato negato a Kim Dotcom fino alla decisione emessa nelle scorse ore dalla corte d’appello di Wellington: a tenere i dati nel limbo è stata per lungo tempo la cifratura che protegge parte delle informazioni e che impedirebbe alle forze dell’ordine di analizzarle.
La restituzione dei dati a Dotcom si basa dunque su uno scambio: al fondatore di Megaupload saranno al più presto consegnate le copie di tutti i dati ospitati sui dispositivi sequestrati e nel contempo Dotcom fornirà le chiavi d’accesso ai dati cifrati a due agenti della polizia neozelandese.
Fra le condizioni stabilite dal tribunale, c’è la dichiarazione scritta che i due agenti dovranno firmare al momento della consegna dei dati: giureranno di mantenere la segretezza sui codici, giureranno di comunicarli a chi di dovere, ma non a mezzo elettronico, giureranno di “non rivelare le chiavi di cifratura a nessuna altra persona o istituzione, e in particolare a rappresentanti del governo degli Stati Uniti d’America”.
Gaia Bottà