In un video esclusivo di oltre 10 minuti, le immagini originali e la ricostruzione offerta dal boss di Megaupload Kim Dotcom ai giudici dell’Alta Corte di Auckland. L’inizio di una tre giorni in cui lo stesso imperatore del file hosting racconterà cosa è successo dal 20 gennaio scorso , quando gli Stati Uniti scatenavano il violento raid contro la piattaforma con base ad Hong Kong.
Il filmato è di quelli succulenti, presentato in anteprima dall’emittente neozelandese 3news . “Abbiamo cinque donne filippine e tre bambini”, spiega via radio un agente addestrato nello Special Tactics Group . Un’atmosfera quasi bellica, molto simile a quelle respirate in televisione con le operazioni militari su campi di guerra. Nel mirino, l’imponente villa del founder di Megaupload .
Strano . Le stesse autorità neozelandesi avevano parlato di una minaccia “di bassa pericolosità”. Eppure nel video mancano solo le divise d’assalto. Gli ospiti di Dotcom vengono assaliti con cani e armi semiautomatiche. Due elicotteri per uno dei blitz più spettacolari dell’era digitale, con un corpulento imprenditore in trappola, addirittura picchiato dagli agenti nel raid di gennaio.
Sono i dettagli nella storia divulgata da Kim Dotcom, che ha sottolineato come le forze speciali agli antipodi abbiano persino negato assistenza medica alla moglie incinta. Troppo indaffarati a sequestrare telefoni e auto di lusso, Mona Dotcom avrebbe atteso oltre 45 minuti prima di veder arrivare un’ambulanza. Il sergente Steve Humphries ha ribattuto seccato: un poliziotto non deve per forza conoscere le basi dell’assistenza medica.
Violenza e paura, ora trasformatesi in uno scontro legale senza precedenti. Il governo degli States non ha ancora consegnato i dati richiesti dal giudice neozelandesi, provocando l’ira dei legali della difesa. I federali a stelle e strisce vorrebbero mantenere congelati i beni di Dotcom , anche in caso di annullamento dell’intero procedimento giudiziario. Le accuse di stampo criminoso rimarrebbero comunque in piedi, secondo il governo di Washington.
Mauro Vecchio