È quasi scoppiato in lacrime all’ennesimo incontro con la giustizia neozelandese. Il founder di Megaupload Kim Dotcom è nel mezzo del suo cammino verso gli Stati Uniti, in attesa di un ordine d’estradizione che potrebbe arrivare nel giro di alcuni mesi. Furente il suo avvocato Ira Rothken, che ha ora accusato le autorità a stelle e strisce di voler prendere tempo per evitare la preparazione di una trincea legale .
Dopo il violento raid contro l’impero del file hosting, la pubblica accusa non ha ancora fornito a Dotcom le copie del materiale sequestrato nella sua abitazione. Secondo Rothken, numerosi hard disk strappati al boss di Megaupload sarebbero stati spediti negli Stati Uniti senza alcuna approvazione da parte del giudice neozelandese . Si tratterebbe dell’ennesimo errore procedurale in una causa che sta assumendo i toni della saga.
Sempre secondo la difesa, nel materiale sequestrato dai federali statunitensi vi sarebbero alcune registrazioni dalle telecamere a circuito chiuso nella villa di Dotcom. Nei filmati si assisterebbe agli episodi di violenza in cui il founder fu allontanato brutalmente dai suoi affetti. Almeno questo il ricordo che ha fatto commuovere il founder del cyberlocker con base ad Hong Kong.
Kim Dotcom si è rifiutato di consegnare alle autorità una serie di password che stavano a protezione di quasi 140 hard drive nelle mani degli States . Lo stesso Rothken ha sottolineato come la cifratura dei dispositivi resti l’unico sistema affinché la privacy del suo assistito non venga violata su tutta la linea.
“Possono spendere centinaia di migliaia di dollari per gli elicotteri e i raid all’estero – ha spiegato Rothken – E poi non possono telefonare a Best Buy per acquistare l’attrezzatura informatica che servirebbe per fare delle copie dei dispositivi che hanno sequestrato”. Ma la questione relativa alle documentazioni che servirebbero alla difesa di Dotcom non è l’unica novità nella tortuosa vicenda di Megaupload.
Gli attivisti di Electronic Frontier Foundation (EFF) hanno chiesto l’intervento di una corte federale per permettere agli utenti del cyberlocker di rientrare in possesso dei propri file. È dunque tornato alla carica il giovane Kyle Goodwin, lo studente statunitense che pretende la restituzione dei vari filmati sportivi caricati sulla piattaforma. Secondo EFF, il governo degli States non avrebbe minimamente calcolato le richieste degli utenti .
Nel frattempo, un’altra grana attende al varco Dotcom. Le attività investigative in terra statunitense hanno ora ufficialmente confermato la presenza di materiale pedopornografico tra i vasti meandri del cyberlocker . Gli osservatori della Rete sono però concordi: Kim Dotcom non sarà condannato per aver ospitato materiale simile, perché protetto dal porto sicuro garantito agli intermediari.
Mauro Vecchio