Nella cornice del World Economic Forum andato in scena a Davos non si è discusso solo di finanza e criptovalute. Sono stati organizzati anche diversi panel dedicati al metaverso. In uno di questi è stato sollevato un quesito solo apparentemente banale: i crimini commessi all’interno dei mondi virtuali nei quali ci apprestiamo a mettere un piede saranno passibili di una punizione? E in tal caso, con quali modalità? La risposta alla prima domanda è, ovviamente, sì. Già oggi, per le interazioni online viziate da un comportamento scorretto o inadeguato, sono previste sanzioni e pene, anche severe. Senza scomodare scenari in stile Ready Player One, il quesito può comunque tornare utile per stimolare una riflessione.
Nuove leggi per il metaverso: ne avremo bisogno?
A porlo è stato Omar Sultan Al Olama, ministro di stato degli Emirati Arabi Uniti per l’intelligenza artificiale. Le sue parole sono riportate sulle pagine di CNBC. Qui ne proponiamo una traduzione il più possibile fedele. In estrema sintesi, si invoca la definizione di leggi ad hoc, per prevenire o quantomeno disincentivare azioni potenzialmente dannose eseguite sulle piattaforme. L’appello è rivolto all’agenzia International Telecommunication Union delle Nazioni Unite.
Se invio un messaggio su WhatsApp è un testo, giusto? Potrebbe terrorizzarti, ma in una certa misura non creerà reazioni tali da portare a un disturbo da stress post-traumatico. Se però entro nel metaverso, quel mondo realistico di cui stiamo parlando che sarà accessibile in futuro, con l’obiettivo di ucciderti, e tu assisti all’evento, si arriverà a un estremo su cui sarà necessario intervenire, perché tutti siamo d’accordo sul fatto che alcune cose siano inaccettabili.
Non siamo certi che il confronto con un messaggio WhatsApp possa reggere. Non tiene conto della sensibilità di ognuno: per alcune persone, un testo o un contenuto veicolato via chat potrebbe risultare altrettanto o addirittura più traumatico.
La prima domanda da porsi: cos’è di preciso il metaverso?
L’unico elemento di differenziazione tra un’app di messaggistica e quelle legate al metaverso (sempre di software si tratta) è costituito dal livello di coinvolgimento che queste ultime possono offrire una volta che l’utente decide di indossare un visore VR. Per dirla tutta, non è nemmeno l’unica modalità di fruizione degli ambienti virtuali ascrivibili a questo concetto: lo si può e potrà fare anche con un normale display e persino attraverso un auricolare.
Il ministro arabo ha però indiscutibilmente ragione su un punto: serviranno regole, chiare e precise, da affiancare alle pratiche dettate dal buonsenso e dalla netiquette. Non necessariamente regole nuove, considerando il lavoro già svolto per definire quelle applicabili alle odierne piattaforme online. Servirà dunque anzitutto rispondere a una domanda: cos’è e cosa sarà, concretamente, il metaverso? Tolti di mezzo i roboanti annunci di big o startup alla ricerca di investitori e finanziamenti, grandi promesse su clamorose innovazioni e rivoluzioni troppo spesso appese al sottile filo dell’hype, oggi rimane ben poco.
Occorrerà ad ogni modo agire preventivamente, per evitare che un eventuale gap normativo possa mostrare il fianco ad abusi o distorsioni, considerando il forte legame tra questo settore nascente e quello degli asset digitali, per i quali abbiamo già più volte sperimentato le conseguenze negative di una sostanziale anarchia.