Assume i contorni dello spy movie la vicenda che si svolge nello spazio, legata alle sorti del DSP 23, satellite-spia statunitense lanciato in orbita nel 2007. Dato per fuori uso da tempo, DSP 23 sarà avvicinato dai due nanosatelliti del progetto Mitex, al fine di effettuarne una scansione per valutare le possibilità di recupero. Un’azione, quella che si svolge ad alta quota, che solleva dubbi e curiosità per via dell’estrema riservatezza in cui il tutto sembrerebbe svolgersi.
Il progetto DSP 23 , costato ben 400 milioni di dollari, era decollato nel migliore dei modi e sembrava procedere in maniera regolare fino all’arrivo in orbita geostazionaria del satellite, il cui scopo sarebbe dovuto essere quello di spiare la silente superficie terrestre, nonché lo spazio circostante alla terra, in cerca di ferventi attività missilistiche. Scomparso dai radar presumibilmente verso il novembre dello scorso anno, DSP 23 è stato decretato ufficialmente come “fuori controllo”.
In seguito il Governo statunitense avrebbe contattato i proprietari dei satelliti più vicini, chiedendo loro di tenersi pronti a spostare i propri satelliti al fine di evitare incidenti sia fisici, che diplomatici. A condire di mistero la vicenda sarebbe inoltre la reiterata volontà del Governo statunitense di non rendere pubblica la posizione di quello che ormai potrebbe essere classificato come un detrito spaziale, di cui deve essere segnalata la posizione al fine di evitare collisioni.
Prima di dare per certa la dipartita dell’ambizioso progetto, i vertici della USAF hanno comunque deciso di tentare il tutto per tutto, mandando in ricognizione i due nanosatelliti, del peso di appena 250kg l’uno, facenti parte del progetto Micro-satellite Technology Experiment ( Mitex ). I due satelliti, accorsi in soccorso di DSP 23 a ben 25mila chilometri di altitudine, potranno avvicinarsi ad una distanza davvero minima al “detrito”, instillando nelle menti di molti un interrogativo la cui soluzione non appare essere semplice: se i due satelliti sono in grado di effettuare incontri così ravvicinati, chi ha detto che non lo facciano (o non l’abbiano già fatto) con altri satelliti di nazionalità diversa?
Una domanda che, secondo molti, si traduce nell’effettiva capacità di attaccare fisicamente altri satelliti, e quindi in una potenziale arma a vantaggio degli Stati Uniti. “La questione pone importanti interrogativi sul loro possibile utilizzo futuro, incluso quello in potenziali missioni anti satellite” commenta Theresa Hitchens, a capo dell’Istituto di Ricerca delle Nazioni Unite sul Disarmo ( UNIDIR ) di Ginevra. “Credo che altre nazioni, in particolare la Cina, troveranno tutto ciò molto sospetto, così come credo che l’atteggiamento di massima segretezza degli Stati Uniti relativo al programma sia ipocrita, dato che da sempre Washington critica Pechino per la sua mancanza di trasparenza riguardo ai propri programmi spaziali”.
Secondo Greg Kulacki, a capo della divisione cinese di Union of Concerned Scientist’s Global Security Program , “L’azione statunitense in un qualche modo fornisce agli ingegneri cinesi l’input per iniziare a costruire il proprio sistema analogo, per non essere da meno degli Stati Uniti”.
Vincenzo Gentile