La situazione si riassume nelle parole di Mary Bellard, innovation architect Microsoft: “Siamo in un deserto di dati“. Tutto si riassume in questo perché il problema è esattamente al centro di un contesto più ampio che vede l’Intelligenza Artificiale pressoché inutile quando si tratta di servire persone con disabilità di vario tipo. Insomma: proprio le persone che dovrebbero teoricamente servirsi con maggior utilità di vantaggi dell’IA, si trovano di fatto esclusi dall’IA stessa e ciò non per problemi tecnici, quanto per una carenza progettuale sulla quale occorre pertanto intervenire.
Microsoft: l’accessibilità ha bisogno di dati
Microsoft sta collaborando in questo con la University of Texas attraverso il progetto ORBIT (“Object Recognition for Blind Image Training“) il cui scopo è creare una base di informazioni da consegnare ai sistemi di machine learning che dovranno in seguito dar vita a nuovi servizi per le disabilità (soprattutto per ipovedenti). Un ipovedente, ad esempio, avrebbe necessità di poter accedere a servizi in grado di riconoscere gli oggetti vicini per poterli descrivere e sostituire così la vista ad una interazione vocale. Se però l’IA non ha informazioni a sufficienza per riconoscere gli oggetti ed “imparare” la sua mansione, ecco che diventa impossibile poter perseguire l’obiettivo.
Nasce di qui l’immagine efficace del “deserto di dati” proposta da Mary Bellard, un punto di partenza sul quale Microsoft intende costruire una una base di informazioni aperta alla quale tutti possano contribuire. Raccogliere video e impartire istruzioni all’IA consentirà di sviluppare tecnologie e servizi che potrebbero avere un impatto radicale sulla qualità della vita delle persone, risolvendo tanti piccoli ostacoli che si interpongono nella quotidianità. In un post pubblicato in queste ore il gruppo spiega l’intero progetto e tutti gli sviluppi correlati, esplicando come l’apertura e la condivisione delle informazioni possa essere il vero valore aggiunto per poter sortire risultati apprezzabili.
Una strada lunga da percorrere, ma da qualche parte occorre iniziare: Microsoft chiama a raccolta tutte le entità interessate, affinché vi sia quanta più collaborazione possibile e quante più energie da mettere a fattor comune attorno a questo problema.