Non illudiamoci che l’intelligenza artificiale sia la soluzione a tutti i problemi, anzi. Secondo una nuova ricerca di Microsoft e della Carnegie Mellon University, più usiamo l’AI sul lavoro, meno esercitiamo il pensiero critico. Il rischio? A lungo andare, il cervello si potrebbe atrofizzare.
Microsoft: “L’intelligenza artificiale sul lavoro può rendere pigri”
I ricercatori hanno messo il dito nella piaga. Automatizzando i compiti di routine e lasciando all’uomo solo la gestione delle eccezioni, l’AI ci priva delle opportunità quotidiane di allenare il nostro giudizio e rafforzare il nostro “muscolo cognitivo”. Risultato? Quando arrivano le eccezioni, ci troviamo impreparati e con le facoltà mentali arrugginite.
Lo studio ha coinvolto 319 lavoratori, che hanno riportato 936 esempi di utilizzo dell’AI generativa sul lavoro. Ebbene, più fiducia riponevano nelle capacità dell’AI, meno pensiero critico esercitavano. Al contrario, quando dubitavano dei risultati dell’AI, si impegnavano di più a valutarli e migliorarli, fidandosi delle proprie capacità.
Un altro dato preoccupante emerso dalla ricerca è che chi usa l’AI tende a produrre risultati meno diversificati per lo stesso compito, rispetto a chi non la usa. Segno che manca un giudizio personale, contestualizzato, critico e riflessivo sull’output dell’AI. In altre parole, un deterioramento del pensiero critico.
Ovviamente, ci sono condizioni che favoriscono o scoraggiano l’uso del pensiero critico di fronte all’AI. Ad esempio, chi è sotto pressione per il tempo tende a fidarsi ciecamente dell’AI, mentre chi lavora in contesti ad alta posta in gioco, dove un output sbagliato può fare danni, sta più attento.
L’AI ci rende stupidi? Non è così semplice
L’AI sta davvero atrofizzando il nostro cervello? La risposta non è così semplice. Come notano i ricercatori, l’umanità ha una lunga storia di “esternalizzazione“ dei compiti cognitivi alle nuove tecnologie, dalla scrittura (criticata da Socrate) alla stampa (criticata da Tritemio), dalle calcolatrici (criticate dai prof di matematica) a Internet. E ogni volta c’è chi si preoccupa che queste tecnologie distruggeranno l’intelligenza umana.
Microsoft, che è il maggior investitore di OpenAI, non può certo permettersi di frenare lo sviluppo dell’AI generativa. Ma i suoi ricercatori suggeriscono di progettare strumenti AI che motivino gli utenti a usare il pensiero critico. Insomma, l’AI deve essere un partner nello sviluppo delle competenze, non un sostituto del cervello umano.