Nuovo episodio dell’ epopea antitrust di Microsoft negli States: a riaccendere la questione sono i procuratori generali di cinque stati americani, il cosiddetto California Group , che chiedono l’estensione di parte delle misure dettate dal Final Judgement con cui nel 2002, riconosciuta la posizione dominante del big di Redmond, il tribunale ha tentato di dar vita a dei correttivi.
Il decreto, controfirmato da 17 stati americani, prevedeva che Microsoft dovesse sottostare ai remedies per dieci anni, ma il giudice aveva stabilito che ne sarebbero stati sufficienti cinque perché la condotta di BigM rientrasse nei ranghi. Novembre è alle porte, si avvicina il momento in cui Microsoft verrà liberata dalla zavorra delle stringenti misure antitrust, eppure Connecticut, Iowa, Kansas, Minnesota, Massachusetts e lo stato di Washington, capitanati dalla California, chiedono che la durata venga estesa fino al 2012 .
“Microsoft continua a stritolare il mercato con due prodotti, Windows e Internet Explorer”: queste, riporta il Washington Post , le parole pronunciate da Stephen Houck, rappresentante del California Group di fronte al giudice Colleen Kollar-Kotelly, che da anni segue il caso. Per questo motivo, scrive AP , Houck ha dichiarato che gli stati che rappresenta considerano un’idea “poco lungimirante” terminare ora quanto previsto dal Final Judgement, dato che le quote di mercato di Microsoft rimangono spropositate . La giudice, riporta eWeek , ha promesso di valutare eventuali richieste di estensione solo qualora si adducano motivazioni precise e pertinenti , da esporre in un documento scritto entro il 15 ottobre, e non ha rinunciato a ricordare a Houck che le sanzioni emesse nei confronti di BigM avevano l’intento di porre fine a comportamenti anticompetitivi , non di ridimensionare la sua quota di mercato.
È probabile che la raccomandazione e la richiesta di serietà espressa della giudice serva a chiarire le idee dei procuratori dei cinque stati, in bilico fra il comportamento aggressivo dei giorni scorsi e atteggiamenti decisamente più temperati, fra la volontà di prolungare la durata delle misure previste per Microsoft e la dichiarazione della loro inefficacia.
I cinque stati del California Group, alla fine di agosto, avevano in un primo tempo firmato un documento depositato presso il Dipartimento di Giustizia americano: in accordo con altri stati americani, non avevano avanzato alcuna richiesta di estensione delle misure previste dal Final Judgement.
Il colosso di Redmond, lamentava il California Group in un altro documento , ha ridotto il proprio dominio sul mercato dei sistemi operativi solo di pochi punti percentuali: detiene ora una fetta di mercato pari al 92 per cento, mentre nel 2002 solo il 3 per cento dei sistemi operativi non era marchiato Microsoft. Una situazione pressoché analoga, sosteneva dati alla mano il California Group, si è verificata nell’ambito dei browser: Microsoft ha perso il 10% del mercato, con Internet Explorer che continua a dominare presso l’85 per cento dell’utenza. Anche in questo caso, però, la tiepida protesta espressa dal California Group riguardo all’ inefficacia delle misure previste per Microsoft era valutata in termini di quote di mercato , e non in termini di comportamenti lesivi della competizione.
Il repentino cambio di fronte del California Group ha sorpreso non poco la stessa Microsoft, che ha dichiarato di voler rispondere soltanto se e quando la richiesta di estensione dei “remedies” si concretizzerà in un documento ufficiale.
In sé la minaccia del California Group non è la sola a pendere sul capo del colosso di Redmond: a Google è stata recentemente accordata la possibilità di presentare un documento ufficiale per esprimersi riguardo alla questione del desktop search in Windows Vista, motivo per il quale Google aveva già richiesto un’estensione dei remedies . La palla passa al tribunale.
Gaia Bottà