Microsoft ha annunciato di voler aprire il formato proprietario Outlook .pst , dando accesso alle mail, al calendario e ai contatti ad altri programmi terzi.
Era il febbraio 2008 quando Redmond annunciò di voler garantire l’ interoperabilità dei prodotti Microsoft più diffusi : pubblicazione delle API, dei protocolli di comunicazione e accesso a tali informazioni libero, non condizionato al alcuna licenza .
Office è stato il primo passo su un percorso che non è sempre stato facile: ancora in corso un duro scontro tra Microsoft e ODF sullo standard ISO OOXML, e un processo intentato contro BigM dalla canadese i4i che ha rischiato di togliere Word (e Office stesso) dagli scaffali.
Ora Microsoft promette di rendere disponibili tutte le documentazioni relative al formato di archivio utilizzato dal suo servizio di posta.
Era già possibile accedere ai file di archivio .pst tramite Messaging API (MAPI) o Outlook Object Model (OOM) (utilizzate per esempio da servizi come Plaxo e Clear Context ). Ma in entrambi i casi deve essere comunque installato Outlook, non sono possibili compressioni e in ogni caso si tratta di soluzioni non ottimali e lente.
La tempistica con cui si procederà ancora non si conosce con esattezza, anche se non si dovrebbero attendere tempi brevi visto che nel blog in cui è annunciata l’apertura si parla di “primi passi e lavori in corso”: ma già è stato annunciato che le informazioni saranno rilasciate sotto “Open Specification Promise”, che permetterà di utilizzarle senza ulteriori obblighi contrattuali, finanziari o brevettuali.
Dopo l’annuncio sono ovviamente scattate le discussioni sulle motivazioni dietro la scelta di Microsoft, oltre all’ovvia richiesta di interoperabilità formulata sempre di più dagli utenti. Da un lato sembra esserci la volontà di evitare ulteriori pressioni da parte dell’Europa e evitare così ulteriori processi. Dall’altro alcuni osservatori parlano anche del potenziale di Outlook, che potrebbe puntare a diventare una piattaforma più che una semplice applicazioni.
Diverrà comunque altissimo il rischio di migrazione verso altri lidi, operazione ora resa molto più immediata. La palla, insomma, passa agli sviluppatori e agli utenti.
Claudio Tamburrino