Era il lontano 2002 e Microsoft si accordava con le autorità antitrust USA eludendo una pesante sentenza di condanna che l’avrebbe costretta – tra le altre cose – a dividere l’azienda in più tronconi. Nove anni sono passati, il mondo tecnologico è radicalmente mutato ma la giustizia statunitense continua a osservare da vicino i comportamenti del gigante di Redmond – anche se ne avrà ragionevolmente ancora per poco.
Chi continua a seguire la vicenda è il giudice distrettuale Colleen Kollar-Kotelly, lo stesso che nel 2002 vigilò sull’accordo stragiudiziale tra governo federale e Microsoft e che ora dice: il colosso di Redmond ha fatto progressi “straordinari” nel rispettare i paletti fissati nell’accordo. A questo punto, preannuncia il giudice, non resta che smaltire l’udienza finale del prossimo 27 aprile e lasciar decadere naturalmente l’intesa entro il 12 maggio.
I progressi “straordinari” a cui si riferisce Kollar-Kotelly sono quelli inerenti l’abbandono di certe pratiche di facilitazione economica per i grandi produttori OEM in cambio di limitazioni all’installazione di software della concorrenza – gli sconti a Dell per la rimozione della Google Toolbar dai suoi PC – e la pubblicazioni di informazioni tecniche utili a favorire l’interoperabilità dei software di terze parti con quelli prodotti in casa a Redmond – Windows, IE e altri.
E mentre il giudice Kollar-Kotelly era impegnato a osservare le azioni di Microsoft, la principale motivazione dello storico processo antitrust – l’integrazione di Internet Explorer sui sistemi operativi della famiglia Windows – ha sostanzialmente perso tutta la sua ragion d’essere: oggigiorno IE deve innovare per rimanere competitivo, Google Chrome è una realtà in crescendo e Mozilla Firefox è il browser indipendente più diffuso in assoluto.
Alfonso Maruccia