L’esperimento risale a due anni or sono: immergere un datacenter in fondo al mare per verificare se la cosa sarebbe stata conveniente, sostenibile e replicabile su vasta scala. Ora il grande cilindro water-proof è emerso dai mari scozzesi e l’esito firmato da John Roach per Microsoft è positivo: nessun problema per l’ambiente, importanti vantaggi in termini logistici ed economici.
[gallery_embed id=161660]
Insomma: si può fare.
Project Natick: promosso
L’idea risale al 2013 e la prima immersione è avvenuta nei mari USA; la “fase 2” del progetto è invece stata realizzata nei mari delle Orkney Island in Scozia. Quello che ha preso il nome di “Project Natick” consta in un grande cilindro lungo 12 metri e avente un diametro di 3 metri, all’interno del quale sono stati stipati 864 server (12 racks, 27,6 petabytes di capacità).
Un solo cavo per alimentare il tutto (100% energia rinnovabile) e per consentire lo scambio di dati con l’esterno, nella speranza di veder durare la struttura senza alcuna manutenzione per almeno 5 anni. Dopo 2 anni di test e tutte le analisi del caso, Microsoft ne è convinta: il progetto di un datacenter sottomarino è qualcosa di percorribile.
Tra le conclusioni di maggior rilevanza, v’è la possibilità che un datacenter sottomarino possa avere una durata molto superiore rispetto ad una terrestre. Due le componenti che potrebbero favorire questa conclusione: in primis l’assenza di uomini attorno ai dispositivi, con minor movimento e minori interazioni; inoltre l’atmosfera circostante si impregna di gas propri dell’emissione di server e cavi, riducendo il contatto con il più pericoloso ossigeno.
Il risultato è eclatante: i problemi sott’acqua sono stati l’ottava parte rispetto ad un datacenter omologo sulla superficie terrestre. Il tutto ispira pertanto un modello economico e tecnico nuovo, percorribile, sostenibile e peculiare, in grado in certi contesti di offrire importanti vantaggi. Al momento la timeline del progetto non indica ancora le prossime scadenze, le quali rimanevano pendenti dalle risultanze di questa riemersione. Ora per Microsoft è il momento delle scelte: c’è spazio per il mondo sottomarino nella galassia Azure?