I cittadini della Rete devono potersi sentire tutelati dalle leggi che vigilano sulla privacy, e la natura globale della Rete non può rappresentare una scappatoia per aggirare le procedure istituite per garantire che le indagini si dipanino nel rispetto dei diritti fondamentali: Microsoft non cede le armi, non intende permettere che le autorità degli States diramino mandati non validi per obbligare le corporation a consegnare dati sui cittadini che conservano su server al di fuori della loro giurisdizione.
La fase di appello è entrata nel vivo: Microsoft da mesi è impegnata a sostenere la non validità di una richiesta formulata dal Dipartimento di Giustizia USA per ottenere dei dati stoccati su server irlandesi, dati relativi a un cittadino statunitense sospettato di essere invischiato in un traffico di droga. Con il supporto di colossi della tecnologia e associazioni che operano a favore dei diritti dei netizen, appoggiata dall’Irlanda, Redmond sta tentando di scuotere le coscienze in una contingenza in cui il Datagate ha iniziato a scalfire l’opinione pubblica, così da dimostrare che i servizi online restano degni di fiducia, se regolamentati da norme che sappiano tutelare i cittadini.
Microsoft si misura dunque di fronte al tribunale d’appello con un esercizio di simulazione: invita le autorità statunitensi a immaginare un caso capovolto, in cui sono le autorità tedesche a richiedere informazioni relative a un giornalista che ha pubblicato sul New York Times un articolo originato da una importante soffiata. Le autorità statunitensi, sostiene Microsoft, avrebbero certamente da obiettare nel caso in cui la polizia tedesca ordinasse alla sede newyorchese della Deutsche Bank di aprire la cassetta di sicurezza del giornalista sospetto, di frugare fra i documenti e di inviare via fax i file di cui era alla ricerca. Senza l’alibi della globalità della Rete e dell’immaterialità del digitale, capovolgendo la situazione a svantaggio degli States, secondo Redmond c’è da scommettere che le autorità USA non permetterebbero il passaggio di queste informazioni: anche se – come nel caso irlandese – le autorità tedesche non conducono di fatto delle perquisizioni al di fuori della loro giurisdizione, anche se la corrispondenza del giornalista, una volta affidata alla cassetta di sicurezza, si trasforma in un oggetto del business della Deutsche Bank – proprio come avverrebbe se il giornalista si affidasse a un servizio cloud.
Gli Stati Uniti hanno tempo fino al mese di marzo per calarsi nello scenario descritto da Microsoft e sostenere la propria posizione, a difesa di una giurisdizione globale nella quale possono contare sull’appoggio delle aziende che gestiscono i servizi online più usati nel mondo.
Gaia Bottà