Microsoft: in China we trust

Microsoft: in China we trust

A Redmond puntano su Pechino. Scommettono che l'innovazione dei prossimi anni partirà tutta da lì. Dall'oriente arriveranno nuove interfacce, nuovi chip e soprattutto nuovi ingegneri
A Redmond puntano su Pechino. Scommettono che l'innovazione dei prossimi anni partirà tutta da lì. Dall'oriente arriveranno nuove interfacce, nuovi chip e soprattutto nuovi ingegneri

Craig Mundie, il capo della ricerca e sviluppo di Microsoft, non ha dubbi: il genio della lampada che ha in mano il futuro della sua azienda vive e lavora in Cina . In particolare in quel laboratorio di ricerca di Pechino, il più grande al mondo dopo quello di Redmond, dove circa 350 tecnici cinesi lavorano allo sviluppo della prossima generazione delle interfacce uomo-macchina, senza trascurare altri settori molto promettenti.

Per Mundie, i dipendenti cinesi di BigM sono “sempre più impegnati a realizzare innovazioni tecnologiche che potrebbero in effetti gettare le basi per un business totalmente nuovo per l’azienda”. Secondo il successore di Bill Gates alla guida del ramo R&D, questi settori sarebbero essenzialmente centrati sulla nascita di tecnologie adatte a digitalizzare i paesi in via di sviluppo , sia sul piano dell’utilizzo dei computer per le attività lavorative, sia per quanto attiene al miglioramento delle condizioni di vita complessive della popolazione tramite la medicina digitale.

Ma il lavoro del lab asiatico non si esaurisce qui: gli ingegneri pechinesi hanno svolto un ruolo importante anche nello sviluppo del riconoscimento della scrittura su alcuni prototipi di tabletPC (formato tanto caro a Bill Gates), senza contare il contributo che hanno offerto all’evoluzione della tecnologia grafica di BigM e gli avanzamenti garantiti nel settore del riconoscimento vocale. Tutti argomenti che ben si conciliano con il celebre proposito di Gates – che ora pare sia anche di Mundie – di un computer del futuro privo di tastiera e mouse , in grado di sfruttare altri tipi di input per consentire all’uomo di interagire con la macchina.

A detta di Mundie, le doti dei ricercatori cinesi e gli oltre mille brevetti che fin qui sono stati assegnati al lab di Pechino sono diretta conseguenza del sistema scolastico adottato nella Repubblica Popolare. Certo, per il momento la spina dorsale del centro è costituita da tecnici che hanno studiato all’estero, ma Mundie sottolinea come “dall’asilo alla scuola superiore, la Cina sta probabilmente facendo un lavoro molto migliore dell’Europa o degli Stati Uniti nel preparare i giovani a un lavoro nel settore scientifico e tecnologico”.

Nonostante i problemi incontrati dal software Microsoft, la Cina, per Mundie, è senz’altro “un’ottima sorgente di talenti”: la qualità dell’istruzione e la vastità del campionario umano a cui attingere fanno del paese asiatico una delle principali piazze di investimento per BigM. Il lab cinese, assieme all’altro centro di ricerca aperto (guarda caso) in India, si uniscono ai più “tradizionali” lab di Redmond, Silicon Valley e Cambridge: una tendenza, la fuga verso l’Asia, che vede Microsoft godere di buona compagnia.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
6 nov 2008
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