Roma – Sarebbero più di 100mila i posti di lavoro che in Italia avrebbero potuto essere occupati da professionalità specializzate nel settore dell’Information and Communication Technology. Lo ha spiegato in una intervista a “La Stampa” Umberto Paolucci, presidente di Microsoft Italia e vicepresidente di Microsoft Corporation.
Secondo Paolucci l’assenza di una formazione ICT adeguata e diffusa e la conseguente mancanza di sufficienti professionalità in questi anni si è tradotta in una importante occasione mancata. Ma non è solo la formazione il problema. Le piccole e medie imprese italiane, infatti, investirebbero troppo poco nelle nuove tecnologie.
“Nel 2000 – spiega Paolucci – l’investimento in questo settore è arrivato all’1,87 per cento del PIL mentre i nostri maggiori partner europei, come Francia, Germania e Gran Bretagna sono sopra il 3 per cento del loro PIL e gli Stati Uniti arrivano addirittura al 4,1 per cento”.
In questi anni di sviluppo dell’intero settore in tutto il mondo, un settore che negli USA ora surclassa per importanza e di gran lunga persino quello automobilistico, non si è fatto abbastanza. “Siamo cresciuti – scrive Paolucci – perché ancora pochi anni fa eravamo appena sopra l’1 per cento ma nel confronto con i maggiori paesi continuiamo a perdere terreno. Per meglio dire perdono terreno la piccola impresa, la pubblica amministrazione e la scuola”.
Il problema degli investimenti non toccherebbe tanto il settore pubblico, nel quale Paolucci ravvisa una grande volontà di investimento, quanto in quello privato: “Se le piccole aziende continueranno a investire in It la metà di quello che fanno i loro concorrenti in Europa, questo significa che avremo la metà dei computer, la metà dei dipendenti alfabetizzati a livello informatico e via dicendo”.
Secondo Paolucci l’ICT italiano nel 2000 avrebbe potuto assorbire 90mila nuove figure professionali che però sono mancate al mercato. Nel 2001 sono 125mila le figure professionali “che mancano all’appello, cioè il 10 per cento di quelle impiegate oggi. Vuol dire soprattutto che le piccole aziende, ancora una volta loro, non hanno i riferimenti che servono per utilizzare le nuove tecnologie di Internet”.