Microsoft risponde alle accuse indirettamente mosse da Google (o almeno da un suo dipendente), che per spiegare la scelta di migrare da Windows ad un altro SO ha tirato in ballo “motivi di sicurezza”: l’idea di un Windows prono agli attacchi, afferma Redmond, è un preconcetto da sfatare. La nuova politica aziendale del Googleplex che prevede l’abbandono di Windows per altri SO (Linux, Mac), in attesa del passaggio a Crome OS, parlando proprio di questioni di sicurezza, sembrerebbe per Redmond l’occasione giusta per tornare sull’argomento.
La risposta di Microsoft si può leggere nelle pagine di un blog ufficiale : innanzitutto risponde a Google citando la scelta di Yale di non passare a Gmail e altre app Google espressamente per motivi di sicurezza, poi, andando nel merito della questione, ritorna sull’annosa questione di chi ce l’ha più sicuro. Il sistema operativo.
Secondo Redmond sbagliata sarebbe la (presunta) accusa di Google e errata la considerazione del Financial Times (che per primo aveva ripreso la notizia) secondo cui Windows sarebbe rinomata per essere più vulnerabile. Microsoft cita fonti (esperti del settore e gli stessi hacker) e studi secondo cui non solo loro starebbero investendo tanto e con risultati per difendere Windows (la dimostrazione sarebbe la maggiore sicurezza ottenuta con 7), ma proprio i Mac, a scapito dei quali saranno accantonati, sarebbero finiti nel mirino di malware ad alto rischio.
Il fatto è che, nel momento in cui si parla della sicurezza del Googleplex, a far paura non sono i comuni virus e malware che girano per la Rete alla caccia di ignari utenti che cliccano sul link sbagliato o che affidano inopinatamente la loro carta di credito ad un finto antivirus: si sta invece parlando di attacchi più articolati che sfruttano vulnerabilità ancora nascoste . Se nel primo caso il singolo utente privato può effettivamente avere un guadagno immediato nel preferire un SO meno diffuso (e su cui, per questo, operano di meno anche i cracker alla ricerca dei grandi numeri da sfruttare), nel secondo il discorso è quanto meno più dibattibile: quando si prende di mira un’organizzazione, non è l’OS a fare la differenza.
Claudio Tamburrino