Microsoft torna a parlare delle cause che la vedono contrapposta per motivi brevettuali a Motorola, e lo fa cercando una nuova forma di accordo con Google, ma non rinunciando affatto ad attaccare la controparte: una strategia che però suona più come una provocazione che come uno sfogo contro il caos generato dai brevetti.
Il nuovo tentativo di raggiungere una sorta di accordo di licenza da parte di Microsoft prende stavolta la forma un intervento sul suo blog ] attraverso cui vorrebbe porre “solide basi per una pace brevettuale”.
Redmond, infatti, prima di tendere la mano tiene a
sottolineare le vittorie incassate recentemente nei confronti di Motorola sia negli Stati Uniti che in Germania , nonché come oltre il 70 per cento dei produttori hardware di Android abbiano già accettato la sua proposta di licenza.
Al contempo, poi, non perde occasione per criticare le accuse finora mosse da Google-Motorola relative alla violazione di un brevetto legato ad uno standard tecnologico e quindi, teoricamente, da concedere sotto condizioni FRAND ( Fair, Reasonable And Non-Discriminatory , cioè giuste, ragionevoli e non discriminatorie): arriva ad accusare Mountain View di “aver montato una campagna pubblica e di lobby per sviare l’attenzione dal suo rifiuto di onorare tale promessa nei confronti degli organi di controllo sugli standard tecnologici”.
Distrutta la strategia finora adottata da Motorola-Google, Microsoft avanza la sua proposta, imprescindibile su due punti fondamentali: per essere duraturo un eventuale accordo deve essere omni-comprensivo, riferirsi cioè a tutti i brevetti detenuti dalle due, e deve essere basato su standard e valori di mercato ben precisi, che per Redmond, evidentemente, dovrebbero pendere a suo favore.
La risposta di Motorola non si è fatta attendere e ha quasi ignorato la proposta di Microsoft, dal tono presa quasi come una provocazione: secondo il produttore statunitense si tratta semplicemente di un tentativo di sminuire il suo ampio e importante portafoglio brevettuale.
L’ipotesi che la situazione degli scontri brevettuali si risolva con iniziative private sembra dunque abbastanza remota: per questo occorre monitorare da vicino le iniziative pubbliche.
Da ultimo una proposta di legge a stelle e strisce soprannominata SHIELD Act ( Saving High-Tech Innovators from Egregious Legal Disputes ) punta a disinnescare la convenienza delle azioni dei cosiddetti patent troll facendo ricadere sul denunciante le spese legali conseguenti a cause legate a brevetti software e hardware che si concludono con un nulla di fatto.
Claudio Tamburrino