Microsoft ha fatto ricorso contro una sentenza secondo la quale un mandato a stelle e strisce può costringere le aziende a passare informazioni in loro controllo, anche se conservate su server esteri.
A decidere in questo senso, il giudice distrettuale di New York Loretta A. Preska che ha accolto le ragioni del magistrato che a dicembre approvò un mandato di perquisizione per accedere, nel corso di alcune indagini per droga, alle email di un utente Microsoft conservate in un server a Dublino .
Secondo il giudice si tratta di una questione che riguarda “chi controlla i dati, piuttosto che la localizzazione in cui sono conservati”, anche perché – ha aggiunto – le informazioni possono essere prodotte da Microsoft negli Stati Uniti senza compromettere la sovranità dell’Irlanda .
Al contrario, secondo Redmond costringere l’azienda a consegnare le email in questione – anche se conservate all’estero – rischia di minacciare le protezioni scritte nella Costituzione contro le perquisizioni ed i sequestri illegali e di danneggiare le relazioni internazionali di Washington.
Schierata con Microsoft, in difesa della privacy delle email dei suoi utenti, Electronic Frontier Foundation (EFF), che ha invocato l’intervento del Governo Irlandese, nonché l’ex ministro della giustizia Michael McDowell; sulla stessa lunghezza d’onda, poi, anche Twitter che nel suo rapporto annuale sulla trasparenza ha sottolineato le richieste di accesso ai dati sottopostegli dai Governi di tutto il mondo, indipendentemente dalla localizzazione dei server.
La questione sembra idealmente legarsi – costituendone l’altro lato della medaglia – ad una simile questione attinente sempre alla giurisdizione che deve essere applicata alle informazioni ed ai dati in possesso delle grandi multinazionali con sedi dislocate in paesi diversi. A giugno , in particolare, il Garante della Privacy irlandese aveva deciso non proseguire con le proprie indagini relative ai dati ottenuti dall’NSA dalle multinazionali USA che hanno la propria sede legale nell’Isola Verde : secondo l’Authority Facebook e compagnia godrebbero di uno status di fatto privilegiato, fuori dal controllo del Vecchio Continente.
In Europa la questione dovrebbe arrivare sulla scrivania della Corte di Giustizia di Strasburgo; negli Stati Uniti, invece, il ricorso in appello di Microsoft ha spinto il giudice distrettuale a sospendere la sua sentenza fino alla nuova decisione.
Claudio Tamburrino