New York (USA) – Non se ne esce, almeno non così presto come Microsoft aveva sperato. Già, perché la proposta Microsoft per chiudere il procedimento antitrust che la vede al centro negli Stati Uniti non piace, neppure dopo gli ultimi cambiamenti.
Microsoft ieri ha presentato due sostanziali modifiche all’accordo che prevede un impegno finanziario dell’azienda nei confronti delle scuole meno ricche degli Stati Uniti quale forma di “compensazione” per ciò di cui è stata riconosciuta colpevole. In particolare Microsoft ha proposto dei cambiamenti nel modo in cui devono essere gestiti i denari che intende tirar fuori, in particolare all’interno della Fondazione che si occuperà della loro gestione. Nel consiglio di amministrazione della Fondazione potranno infatti entrare altri due produttori di software: Connectix, che produce anche programmi che permettono l’uso di applicativi Windows su sistemi Apple, e Key Curriculum Press, che produce software didattico.
Secondo Tom Burt, legale di Microsoft, “questo deve essere un accordo indipendente dalla questione delle piattaforme software, questione che non verrà influenzata da Microsoft”. Secondo Burt “questo accordo non impone alcuna soluzione alle scuole. Gli istituti che ne potranno beneficiare sono invece in condizione di aggiornare grandemente le tecnologie di cui dispongono”.
Ma il dissenso per l’accordo aumenta. Dopo Apple, che ritiene la proposta Microsoft pericolosa perché consentirebbe all’azienda di acquisire, proprio a spese di Apple, uno share di mercato molto maggiore nel settore dell’education, hanno scritto al giudice che presiede il caso più di 200 soggetti, tra docenti, esperti di tecnologia, genitori e cittadini. Questi chiedono al giudice J. Frederick Motz di rifiutare l’accordo.
Secondo Bill Friske, coordinatore delle tecnologie didattiche del Dipartimento dell’Istruzione di Rhode Island, Microsoft è in buona fede ma “se si mette insieme un po’ di arroganza industriale e l’incomprensione dell’ambiente educativo si tira fuori una soluzione che spaventa tutti”. Non lontana da queste posizioni neppure Barbara Reeves, direttrice della tecnologia presso il Dipartimento dell’Istruzione del Maryland, secondo cui gli standard di riferimento nell’accordo “saranno sotto gli standard previsti nel nostro stato, dunque le scuole che parteciperanno al programma potrebbero trovarsi svantaggiate, e si incrementerebbe il digital divide anziché ridurlo”.
La spesa prevista dall’accordo sfiora il miliardo e secondo Apple questi fondi dovrebbero essere trasmessi non sottoforma di tecnologia ma in contanti, affinché le scuole possano scegliere liberamente. Una posizione che l’azienda ha come noto sostenuto in un dossier di 30 pagine voluto dal suo fondatore Steve Jobs in cui si accusa duramente Microsoft e si afferma che tutta l’operazione è una manovra per guadagnare posizioni in un mercato finora dominato proprio da Apple.
Ma Burt non solo respinge le accuse ma le rimanda al mittente, sostenendo che Apple sta soltanto cercando di far sì che i soldi che Microsoft tirerà fuori si trasformino in acquisti di software Apple.
A far pendere la bilancia contro le ipotesi di Microsoft è però nelle ultime ore proprio il giudice Motz, secondo cui “se nella soluzione proposta ci sono problemi strutturali, anche se l’intenzione era buona, si tratta comunque di qualcosa di cui ci dobbiamo preoccupare”. Motz ha anche chiesto a Microsoft perché non intenda limitarsi a distribuire i soldi alle scuole e decidere che siano queste a scegliere il proprio software.
A questa domanda Microsoft deve trovare rapidamente una risposta, visto che quella fornita ad Apple non sembra aver convinto il tribunale che deve decidere del caso.