Microsoft, per consolidare il proprio impegno in termini di trasparenza rispetto alla richieste pervenute da governi, aziende e cittadini in materia di dati personali e rimozioni, ha scelto di far convergere in un’ unica pagina tutte le informazioni. Per la prima volta, Redmond rende noti i dati relativi alle richieste di rimozione fondate sul diritto all’oblio.
Microsoft, che da tempo si sta facendo carico di portare avanti una battaglia per i dati dei propri utenti, tira innanzitutto le somme per la prima metà del 2015 riguardo alle richieste di informazioni da parte delle autorità dei diversi stati (35.228, in crescita rispetto alle 31.002 della seconda metà del 2014) e precisa di aver consegnato solo il 3 per cento dei dati richiesti, anche perché oltre 4mila formulazioni da parte dei governi non sono state ritenute in linea con la legge.
Oltre alle richieste di dati dei propri utenti, Microsoft ricorda di essere raggiunta da richieste di rimozione di contenuti dai propri servizi: i numeri riguardano richieste di rimozione motivate dalla violazione di leggi locali o delle condizioni d’uso, richieste di rimozione per violazione del copyright, richieste di rimozione che i cittadini europei hanno inoltrato per vedersi deindicizzare dal motore di ricerca Bing. Tutti i numeri, offerti in parallelo e in maniera dettagliata anche da Google, sembrano rispecchiare le quote di mercato dei due motori di ricerca: le notifiche fatte pervenire a Bing, seppur non direttamente confrontabili perché riferite a diversi intervalli temporali, sono apparentemente minori rispetto a quelle ricevute dalla Grande G.
Di particolare interesse, nel report sulla trasparenza di Microsoft, le segnalazioni relative al diritto all’oblio : dal 2014 Google è stata l’ epicentro del dibattito, e in seguito alla decisione con cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha delineato per i motori di ricerca l’obbligo di soppesare le richieste di deindicizzazione da parte dei cittadini del Vecchio Continente, Microsoft aveva semplicemente reso noto di aver attivato il proprio sistema capace di accogliere le segnalazioni. Il report di Microsoft mostra ora come il meccanismo sia entrato in funzione: sono 3.546 le richieste di deindicizzazione pervenute, relative a un totale di 10.337 URL, di cui Redmond ha provveduto alla deindicizzazione nel 50 per cento dei casi (la media per Google è sensibilmente inferiore, con il 41,8 degli URL rimossi). La Germania (759 richieste), la Francia (750), il Regno Unito (559) e l’Italia (467) sono i paesi i cui cittadini hanno più desiderio di essere dimenticati. I numeri del semestre di Microsoft si configurano inferiori rispetto a quelli di Google, che però li aggiorna per offrire una visuale globale a partire dalla fine di maggio del 2014.
Oltre a fornire i numeri assoluti, Microsoft fa chiarezza sulle procedure: le linee guida, che investono le richieste di rimozione sulla base delle violazioni della legge, e delle leggi sul diritto d’autore, e sulla base del diritto all’oblio prevedono che le richieste siano inoltrate per iscritto, che le rimozioni siano segnalate a tutti gli utenti del servizio nella pagina dei risultati (una segnalazione generale nel caso del diritto all’oblio), che le rimozioni si limitino ad investire il mercato nel contesto del quale la richiesta è stata inoltrata (fatta eccezione per le violazioni del diritto d’autore, evidentemente ritenute universali). Bing, più defilato nel dibattito a differenza di Google, e che a differenza di Google non è stato investito dalle pretese di certi stati d’Europa, non mette nemmeno in discussione la possibilità di agire sull’informazione oltre i confini degli stati in cui il diritto all’oblio è in vigore.
Gaia Bottà