Dopo aver provato a lasciare per anni un data center in fondo al mare, ora Microsoft sottopone a una fase di test un altro metodo potenzialmente utile per estendere il ciclo vitale dei propri server, con un occhio alla sostenibilità, puntando ancora una volta sul principio dell’immersione: mettendoli a bagno in un fluido non conduttivo a base di fluorocarburi.
Una vasca da bagno per i server di Azure
Non si tratta di una prima assoluta, un metodo simile è già stato adottato anche da coloro impegnati nel mining di criptovalute come Bitcoin, operazione che consuma parecchia energia e che di conseguenza richiede tecniche avanzate per il raffreddamento. Il gruppo di Redmond afferma però di essere il primo provider del settore cloud ad applicare la tecnica. Il liquido agisce sottraendo il calore dalle componenti hardware e raggiungendo così il proprio punto di ebollizione a circa 50° C, creando di conseguenza una condensa che poi ricade sulla vasca stessa.
Prende così vita quello che può essere definito un sistema di raffreddamento a circuito chiuso, eliminando dall’equazione la necessità di trasferire il calore all’esterno attraverso l’impiego di serbatoi o scambiatori. Questa la spiegazione più sintetica ed esaustiva, fornita da Christian Belady (Vice President del Data Center Advanced Development Group di Microsoft) alla redazione del sito The Verge.
È essenzialmente una vasca da bagno. Il rack viene immerso e si osserva il liquido bollire, proprio come in una pentola. Così si può potenzialmente eliminare la necessità di consumare acqua nei data center.
L’approccio consente di ridurre non solo l’impiego di acqua, ma anche quello di energia, aumentando l’efficienza dal 5% al 15% stando alla sperimentazione finora condotta. Permette inoltre di posizionare le componenti hardware più vicine tra loro, diminuendo lo spazio occupato, altro fattore di primaria importanza nel contesto di un’infrastruttura cloud.