“La pirateria non rappresenta un furto. Se rubate un’auto, quel preciso oggetto originale verrà certo perduto. Ma se copiate un gioco, ne circoleranno molti altri esemplari nel mondo”. Così ha parlato il creatore di Minecraft Markus Notch Persson, recentemente intervenuto nel corso dell’ultima edizione dell’ International Games Summit a San Francisco.
Una visione quasi filosofica, quella di Persson, a sottolineare come i vari signori dell’industria debbano pensare al di là della semplicistica equazione pirateria uguale guadagni sfumati . “Il concetto di vendita mancata è qualcosa che non esiste – ha continuato Notch – Una pessima recensione si traduce in un guadagno sfumato? E cosa mi dite di una spedizione mancata?”.
Che quella di Persson sia una decisa presa di posizione a favore del file sharing e più in generale della pirateria videoludica? Non esattamente. La filosofia di Notch pare risiedere al cuore dello stesso sviluppo di un qualsiasi game : ai vari sviluppatori basterebbe infatti intendere un videogioco come un vero e proprio servizio per i suoi utenti .
“Se create un gioco e continuate a modificarlo, le persone che prima violavano il copyright provvederanno ad acquistarlo la settimana dopo”. In altre parole, un’esperienza videoludica progressivamente arricchita – e soprattutto personalizzata – porterebbe gli utenti a preferire l’acquisto dell’originale piuttosto che il download illecito.
I numeri non sembrano però dare tanta soddisfazione alla visione di Persson. Solo il 30 per cento degli utenti di Minecraft – gioco indie di esplorazione e costruzione modello-mattoncini Lego, in cui la creatività dell’utente viene lasciata a briglie sciolte – ha deciso di acquistare una copia originale del gioco.
Mauro Vecchio