Cara ministra, il software di Stato sia open

Cara ministra, il software di Stato sia open

Il prof. Angelo Raffaele Meo si fa interprete del movimento open source scrivendo una lettera al Ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina.
Cara ministra, il software di Stato sia open
Il prof. Angelo Raffaele Meo si fa interprete del movimento open source scrivendo una lettera al Ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina.

Parole semplici, che arrivano però dirette al punto:

Ill.ma Ministra,

la società che fornisce la nota piattaforma di videoconferenza “Zoom” è stata criticata per “carenze di sicurezza e scelte di progettazione inadeguate”, per le sue politiche di privacy e condivisione dei dati aziendali e per mancanza di trasparenza. Ciò ha indotto alcuni governi come quello tedesco a vietare l’uso di Zoom. Invece, nel nostro paese, alcuni uffici scolastici ne hanno raccomandato l’uso, per cui quella piattaforma è diventata una fra le più diffuse nelle nostre scuole.

La firma è quella del prof. Angelo Raffaele Meo, professore emerito del Politecnico di Torino, il quale ha voluto indirizzare al ministro Lucia Azzolina una missiva che instilli il beneficio del dubbio circa la naturalezza con cui un ministero tanto cruciale come quello dell’Istruzione si sia così facilmente adagiato sul software proprietario.

Ministro, non si fa così

Perché continuare a spingere per il software chiuso quando esistono alternative open che  meglio potrebbero confacersi alla realtà nazionale? Perché portare lo Stato verso il software chiuso in modo proattivo, addirittura incoraggiandone l’uso attraverso “pagine di suggerimento dedicate sul portale del suo Ministero a importanti piattaforme didattiche proprietarie che sono ospitate su infrastrutture controllate dai giganti del web (come Google, Microsoft e Amazon)“?

La lettera chiede non soltanto di cambiare approccio (con argomentazioni precise e relative in particolare al tema della sicurezza), ma chiede altresì al Ministro tre interventi mirati:

  1. proibisca l’uso di software proprietario nelle applicazioni della Pubblica Amministrazione che implicano il trattamento di dati personali;
  2. obblighi ad usare formati di file standard e aperti;
  3. consenta l’uso di infrastrutture IT in Cloud soltanto se queste sono nel controllo della pubblica amministrazione Italiana (Private Cloud).

Appello che usa parole ormai antiche, ma che in questa fase sono particolarmente importanti per il ruolo che lo Stato sta svolgendo nell’indirizzare le scelte dei privati e nel dare una vera e propria impronta alla cultura informatica di un Paese che ha improvvisamente impattato con la necessità di una repentina e salvifica digitalizzazione di fronte allo shock del lockdown.

Appello, peraltro, colto da molte associazioni del movimento open source, le quali hanno immediatamente cofirmato la lettera del prof. Angelo Raffaele Meo:

Cofirmatari della lettera di Angelo Raffaele Meo

Questione di principio, questione di sicurezza, ma in fin dei conti anche questione economica ed occupazionale:

Negli ultimi anni, in virtù di un eccezionale sviluppo tecnologico, l’industria e il mercato dell’informatica libera sono letteralmente esplosi. Diversi siti specializzati nell’ospitalità e distribuzione di software libero annoverano milioni di progettisti e programmatori operanti su oltre 150 mila progetti; da questi siti sono scaricati milioni di programmi ogni giorno. Si apre così un’importante opportunità per l’economia del nostro paese. Per questa ragione ci permettiamo di chiederLe di adoperarsi, nell’ambito del Consiglio dei Ministri, per cogliere questa opportunità destinando gli investimenti che verranno a breve realizzati nel digitale esclusivamente a tecnologie in software libero.

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Pubblicato il
30 giu 2020
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