L’annuncio di France Telecom della chiusura del Minitel a metà 2012 pone fine ad un’era iniziata nel 1975 , quando il governo d’Oltralpe constatò come il telefono fosse presente solo nel 60 per cento delle case. Il critico ed esperto digitale americano Howard Rheingold la definì senza mezzi termini “una situazione da terzo mondo”: lo smacco per la grandeur dei nostri cugini transalpini spinse, due anni dopo, l’allora presidente della Repubblica Giscard D’Estaing a commissionare un rapporto su come condurre il paese all’era della tecnologia.
I due estensori del documento, Simon Nora e Alain Minc, avanzarono una proposta degna dell’immaginario fantascientifico dell’epoca unendo informatica e telefonia nel progetto “Telematique” ( portmanteau di “télécommunications” e “informatique”), una rete di volontari testò in anteprima quello che sarebbe diventato il Minitel. Un servizio d’approfondimento della TF1 nel 1978 illustrando questo processo sincretistico ove si fondono media tradizionali e servizi pubblici ipotizzò ricadute negative nell’occupazione e nell’autonomia individuale: “perché in una società della trasparenza tutto si viene a sapere”.
Infatti, già dall’incipit del loro resoconto Nora e Minc profetizzano che l’informatica avrebbe rivoluzionato impiego e commercio creando nuovi rapporti di potere e “nel bene o nel male, sarebbe stata un ingrediente principale nel dosaggio tra l’autorità dello Stato e la libera azione della società” .
Il 1984 segnò il debutto al grande pubblico , dopo ben tre anni di esperimenti in varie regioni, con sommo impegno della compagnia telefonica nazionale e dello Stato. A ogni casa fu offerto in comodato gratuito un terminale al posto dell’elenco abbonati regalando i primi tre minuti di ogni consultazione, la fornitura di servizi fu presto estesa ai privati tra cui i principali giornali che ne divennero strenui promotori e difensori. Minitel si strutturava in directory tematiche: dalle previsioni meteorologiche, alle quotazioni di borsa, allo shopping di vestiario, pure le università cominciarono a sfruttarlo per le iscrizioni degli studenti, diffondere i risultati degli esami e orari dei corsi. Il suo sistema di messaggistica, la messagerie antenata della chat IRC, complice l’anonimato permise un fiorire di messageries roses a tema erotico cui, a dispetto delle invettive dei benpensanti, i francesi mostrarono una diffusa apertura di vedute.
Il successo in Francia strideva col fallimento riscontrato da soluzioni analoghe in altri paesi dove era mancato un vero sostegno governativo e dalle compagnie telefoniche, o le infrastrutture stesse si rivelavano inadeguate al progetto. Fu il caso degli USA dove a fronte di un segnale di linea scarso ed esosità dei componenti si voleva puntare a videoterminali avanzati dalla grafica ricca e accattivante: miglior fortuna da quelle parti ebbe il Plato . In Italia la SIP tentò la sorte col grossomodo coevo Videotel senza troppo successo per ragioni di costi e sicurezza, non ultima l’imbarazzante vulnerabilità del suo sistema di password.
I limiti hardware del sistema, privo di CPU e memoria, prevedono un’interfaccia simile a quella del nostrano Televideo basata su grafica a caratteri testuali e semigrafici, un approccio simile all’ANSI delle BBS: ridotta al minimo, cede il passo alla funzionalità. Ben più castrante risulta la velocità di connessione di poco superiore al singolo chilobyte al secondo, accettabile a inizio anni ’80, imbarazzante a metà ’90. Sul piano software non si poteva salvare documenti né modificarli. Eppure non dovrebbe sorprendere la renitenza con cui i francesi si sono separati dal Minitel in favore di Internet, come fa notare il succitato Rheingold: “Non è un mistero perché il numero di utenti delle moderne connessioni dialup da PC non sia cresciuto esplosivamente a Parigi, mentre il governo regala milioni di terminali col modem incluso”.
Si aggiunga che stiamo parlando di un sistema in lingua francese, immune ai virus , senza necessità di complicate configurazioni, già pronto all’uso, non ultimo che l’acquisto di beni e servizi che si potevano addebitare in bolletta. La tardiva adozione del Web, stigmatizzata pure da Eric Schmidt di Google in una intervista a Liberation , è stata in parte controbilanciata dagli anni di esperienza accumulati nell’e-commerce e nei servizi in Rete quando le aziende americane e del resto d’Europa erano ancora offline.
Il Minitel nacque al termine di un trentennio prospero per il paese (“Les Trente Glorieuses” lo chiamano gli storici), figlio del dirigismo quanto il treno veloce TGV e l’adozione massiccia del nucleare . Nel mondo globalizzato d’oggigiorno l’abbinata di autarchia e interventismo statale in ambito tecnologico resta appannaggio di alcuni totalitarismi e qualche governo poco lungimirante. Minitel è quindi un’altra pagina di storia digitale che pur con una certa nostalgia ci apprestiamo a chiudere.
Fabrizio Bartoloni