Il MIT annuncia di aver raggiunto il risultato ambito da decenni: realizzare il prototipo di un memristore, componente dal quale potrebbe nascere una nuova generazione di computer con capacità estremamente innovative rispetto ai limiti attuali. La pubblicazione sarebbe avvenuta sulla rivista Nature Nanotechnology dimostrando come una nuova concezione dei circuiti sia in grado di mimare una volta per tutte il comportamento del cervello umano, della sua memoria, della sua velocità e delle sue capacità.
Cos’è il memristore?
Per capire cosa possa significare l’annuncio del MIT bisogna partire dalla definizione di memristore, come da stessa descrizione di Punto Informatico del 2008:
Un memristore è una sorta di resistore variabile: in base alla quantità e al verso della corrente che lo attraversa è in grado di variare la propria resistenza , secondo una legge precisa caratterizzata dalle sue proprietà fisiche. La vera particolarità del memristore, tuttavia, è la capacità di ricordare: anche se disattivato , se privato dell’alimentazione, nel dispositivo resta una traccia dello stato precedente , prontamente disponibile una volta venga di nuovo chiamato in causa.
A decadere con il memristore è anzitutto il sistema binario, il che eleva esponenzialmente le capacità di un circuito pensato invece su altre dinamiche ed in grado di concentrare molta più potenza di calcolo in minor spazio e con minori consumi. Ogni singolo memristore, insomma, può avere vari valori (dunque può esprimere un maggior quantitativo di informazioni in sinergia con altri componenti similari), moltiplicando pertanto la ricchezza dei messaggi che può contenere e trasmettere. Tutto ciò va nella direzione delle sinapsi umane, portando il computing verso nuove frontiere fino ad oggi soltanto teorizzate.
Ma c’è altro: un aspetto ancor più importante è la capacità di memorizzazione dell’informazione, anche in assenza di carica elettrica. Quest’ultimo aspetto potrebbe rendere molto più efficiente e rapida qualsivoglia elaborazione.
Il memristore del MIT
Altri modelli di memristore erano già stati realizzati anzitempo ma, a detta del MIT, mai con questo grado di affinamento. Il progetto (finanziato dal MIT, da IBM Watson AI Lab, da Samsung Global Research Laboratory e dalla National Science Foundation) non prelude chiaramente a immediate commercializzazioni, ma apre comunque inevitabilmente a nuove frontiere. Spiega Jeehwan Kim, responsabile del progetto:
Si immagini di connettere un dispositivo neuromorfico alla videocamera della propria auto, e riconoscere luci e oggetti per prendere decizioni immediate, senza doversi connettere a Internet. Speriamo di usare memristori ad alta efficienza energetica per fare queste cose sul posto, in tempo reale.
Dispositivi con una altissima capacità di calcolo, in spazi minuscoli, con minime necessità energetiche. La concezione viene dai principi della metallurgia, associando metalli che possano offrire le proprietà ricercate se abbinati tra di loro. Un elettrodo negativo in silicio, un elettrodo positivo in rame, uno strato d’argento: decine di migliaia di memristori in un millimetro quadro che, nell’ottica di un primo test che potesse provare il funzionamento di ciò che la teoria andava profetizzando, hanno memorizzato l’immagine dello scudo di Capitan America, pixel per pixel, colore per colore. Uno sforzo “eroico” a tutti gli effetti, insomma, che secondo il MIT mette in campo grandi promesse.
Arriveremo a poter sviluppare cervelli artificiali? L’auspicio è di arrivarci quando avremo compreso limiti e dimensioni etiche dell’intelligenza artificiale, preludio a quel che l’hardware presto o tardi sarà in grado di realizzare in modo efficiente, sostenibile ed economico.