Roma – C’è qualcosa di ineffabilmente romantico e struggente nella straordinaria iniziativa che pochi giorni fa ha offerto al Greenwich Village di Manhattan l’occasione per rinnovare il suo volto di fucina culturale un po’ decaduta: ragazzi vestiti da fantasmini rincorrevano per le vie del quartiere un pac-man su due piedi che correva cercando di raccogliere punti sulla via.
C’è un sito dove si racconta l’evento, con tutte le foto del caso, che puntano dritto al cuore e alla testa dei tanti che sono cresciuti con un videogioco che non solo ha fatto storia ma ha anche creato i primi casi di dipendenza da videogame.
Il dungeon oscuro nel quale il pac-man del mondo elettronico sfuggiva ai fantasmi colorati che tentavano di farlo fuori è stato sostituito per l’occasione da una precisa mappetta del mondo fisico costituita dalle vie attorno a Washigton Square. E il legame tra l’universo cyber di cui pac-man rappresenta un archetipo e la realtà on the road di New York 2004 è stato mantenuto grazie a cellulari, wi-fi e cotillon informatici messi a punto dagli studenti che hanno realizzato il tutto. Una connessione reale-virtuale che ha consentito su quel sito di seguire in diretta le fughe di pac-man e la corsa dei fantasmini fino alla conclusione inevitabile: la cattura di pac-man.
E’ preziosa e va coccolata quella creatività net-artistica che trasporta nel mondo reale elementi chiave del mondo elettronico, come accadde in Italia, per dirne una, quando quei geniacci di 0100101110101101.org decisero di invadere la Biennale di Venezia con un virus informatico da indossare , trasformando i bipedi frequentatori dell’expo artistico in portatori sani di codice maligno. Come quando, per dirne un’altra, Steve Wozniack accettò di giocare al megatetris su Linux organizzato dall’americana Brown University, in cui i mattoncini da abbattere erano costituiti dalle luci delle stanze di un edificio di 14 piani.
Sono forse piccole e senz’altro rare occasioni di fare i conti in modo diverso con la tecnologia, che non hanno bisogno di esprimere un senso compiuto , come ammettono gli autori del pac-man on the road, quando spiegano che il gioco è pensato “per esplorare quel che succede quando i giochi vengono rimossi dal loro piccolo mondo di tavoli, televisioni e computer e vengono piazzati nel più vasto mondo reale di angoli di strada e di città”.
Un’iniziativa del genere rappresenta forse la prima risposta convincente alla drammatica Profezia Nintendo pronunciata dal vicepresidente dell’azienda giapponese Kristian Wilson nel 1989, secondo cui “i giochi per computer non influenzano i bambini, voglio dire che se Pac-Man ci avesse influenzato quand’eravamo bambini, noi tutti ci agiteremmo in stanze in penombra ingurgitando pillole e ascoltando musica ripetitiva”.
Ecco, se è vero che non serve tracciare conclusioni o giudizi su un gioco-esperimento come quello del Greenwich Village è anche vero che nella fuga dal mondo cyber gli elementi del mondo elettronico che si trapiantano in quello fisico offrono stimoli nuovi . Lo sanno gli autori del Pac-Man newyorkese: aspettano una volontaria per dar vita ad un episodio di miss pac-man . Come resistere?
dello stesso autore:
Il DL Urbani e l’opposizione che non c’è
Nessuno fermi le Gogne elettroniche
L’onda lunga della biometria