L’industria dei contenuti non può rivolgersi alla giustizia per pretendere che le autorità obblighino tutti gli intermediari della Rete a collaborare con la causa dei detentori dei diritti facendo terra bruciata intorno all’avversario del momento: Google, Facebook, Twitter e Yahoo sono intervenute nel contesto della denuncia scagliata da MPAA nei confronti degli operatori di numerosi siti che ricadono sotto il cappello di MovieTube, con la quale Hollywood chiedeva alla giustizia di emanare un’ingiunzione rivolta a tutti coloro che permettono a MovieTube di operare e di garantirsi visibilità.
Paramount, Warner Bros., 20th Century Fox, Columbia Pictures, Universal e Disney avevano depositato la loro denuncia nei confronti di MovieTube nei giorni scorsi: ritenevano che i diversi siti di streaming violassero il diritto d’autore mettendo a disposizione dei link ad opere condivise senza autorizzazione, godendo degli introiti dati dall’advertising ospitati sulle proprie pagine, facilmente rintracciabili sui motori di ricerca e ben pubblicizzate sui social media. Oltre a chiedere che il tribunale imponesse agli amministratori di MovieTube di interrompere le violazioni, l’industria indirizzava l’attenzione del tribunale nei confronti di tutti quei soggetti che, direttamente o trasversalmente, contribuissero al prosperare dei siti oggetto di denuncia : registry e registrar avrebbero dovuto sospendere i domini associati ai siti di MovieTube affinché si potessero riassegnare ad amministratori che operassero nell’alveo della legge, i servizi CDN avrebbero dovuto smettere di fornire i propri servizi e rimuovere ogni traccia di cache, i servizi di terze parti come i fornitori di hosting, gli operatori dell’advertising, i social media e le piattaforme di condivisione tra cui Facebook, YouTube, Flickr e Twitter avrebbero dovuto interrompere ogni relazione con MovieTube.
Gli studios non sostengono che questi soggetti siano responsabili delle violazioni commesse da MovieTube, ma vorrebbero coinvolgerli perché contribuissero alla loro causa. Questo tipo di pretese può risolversi in accordi di collaborazione su base volontaria e generalizzata fra soggetti dei diversi comparti dell’industria: Google, ad esempio, opera con i propri algoritmi per ridurre la visibilità dei siti più colpiti dalle richieste di rimozione. Ma, come è evidente dalle campagne politico-legali di cui MPAA si è resa protagonista negli ultimi anni, questo tipo di collaborazione non è ritenuta soddisfacente.
Insieme a Google, dunque, cogliendo l’occasione di questa richiesta formulata da Hollywood per coinvolgerli nel tentativo di ridurre MovieTube all’inattività, Yahoo, Facebook e Twitter si sono ora esposti con un amicus brief fatto pervenire al tribunale che sta esaminando il caso: il documento depositato sottolinea come i colossi della Rete siano concordi nel ritenere di importanza vitale la lotta alle violazioni su Internet, per la quale già collaborano su base quotidiana con i detentori dei diritti, ma sottolineano come “nel tentativo di far rivivere il deposto Stop Online Piracy Act (SOPA), l’accusa non si curi dei limiti al potere giudiziario e dell’attento bilanciamento che il Congresso ha fissato tra i diritti dei fornitori di servizi online e quelli dei detentori dei diritti”.
“Coloro che hanno sporto denuncia in casi simili – spiegano le aziende – hanno progressivamente cercato di ottenere delle ingiunzioni di natura sempre più estesa che pesassero su foritori di servizi non direttamente coinvolti, ottenendo spesso tali ordinanze senza alcuna notifica precedente né alcun contraddittorio”: SOPA , ricordano al tribunale, non è stato approvato perché si è riconosciuto avrebbe potuto “mettere in pericolo la libertà e l’apertura di Internet” e i detentori dei diritti non dovrebbero cercare di ottenere dalla giustizia l’applicazione di provvedimenti capaci di ottenere risultati analoghi. Tanto più che soggetti terzi potrebbero essere raggiunti da una ingiunzione solo se si dimostrasse che operano in combutta con MovieTube in vista della violazioni e non siano neutri fornitori di servizi che MovieTube sfrutta per vari scopi.
Inoltre, ricordano i legali di Google, Yahoo, Facebook e Twitter, lo stesso DMCA pone dei limiti alle ingiunzioni: le parti non investite dall’accusa di violazione del copyright , anche in qualità di complici di colui che abbia oggettivamente condiviso illecitamente dei contenuti, non possono essere destinatarie di alcuna ordinanza. In questo caso le aziende che Hollywood vorrebbe coinvolgere nell’opera di annientamento di MovieTube non sono chiamate in causa nel provvedimento se non in qualità di terze parti, che offrono a MovieTube dei servizi non direttamente correlati alla violazione dei diritto d’autore , proprio come “dei fornitori di energia che alimentino una azienda che viola la legge”.
Spetta ora al tribunale decidere: negare a MPAA l’ingiunzione significherebbe, secondo le aziende che hanno depositato il documento, “dare un chiaro segnale” rispetto al coinvolgimento dei soggetti che operando da semplici intermediari, contribuendo ad indirizzare altri tribunale che si stanno confrontando con “richieste tanto sproporzionate”.
Gaia Bottà