Roma – I patiti ricercatori di MP3 in Rete conosceranno fin troppo bene Napster , il software che permette di condividere i file MP3 che si trovano sugli hard disk degli utenti, dando vita ad un vero e proprio file system distribuito “vivente”.
Negli ultimi mesi il programma si è però trovato la strada sbarrata in molte università degli USA, dove il downloading di file MP3 aveva fatto letteralmente scoppiare i nodi che connettono i network universitari americani con Internet.
L’Indiana University, uno dei primi istituti ad aver bandito l’uso di Napster all’interno del proprio network, ha calcolato che l’incremento del traffico di rete verso l’esterno imputabile al download di file MP3 è arrivato a toccare il 60% nel giro di pochi mesi.
Proprio l’Indiana University, però, spinta anche dal malcontento suscitato da questa drastica scelta, ha ritenuto opportuno collaborare con la software house che sviluppa Napster per far sì che il programma ora cerchi i file MP3 prima all’interno del network universitario, poi in quelli subito adiacenti e, solo nel caso di insuccesso, all’esterno, su Internet.
In seguito a questa modifica, Napster è tornato a popolare i computer di molte università, luoghi un tempo dediti a tutt’altre attività intellettuali…
Ma se le università sembrano essersi accontentate di questa piccola modifica, la RIAA (Recording Industry Association of America) rimane sul piede di guerra accusando Napster ed i suoi fratelli (Gnutella, iMesh …) di contribuire a diffondere la pirateria musicale su Internet. E pensare che ancora non sanno della nascita di Wrapster, un programma che permette di condividere qualsiasi file, catalogandolo per tipo. Si salvi chi può!