Il tentativo di MPEG LA di organizzare un “patent pool” per la gestione unificata dei (presunti) brevetti usati nel codec video VP8 sarebbe finito nel mirino del Dipartimento di Giustizia (DoJ) statunitense. Le solite fonti anonime ben informate sui fatti spifferano la notizia al Wall Street Journal , mentre dall’organizzazione dei brevetti audiovisivi ribattono: non è vero che siamo anticompetitivi , e comunque è certo che VP8 infrange le nostre IP.
Oltre alle autorità federali, dicono le fonti citate dal Journal , anche il Procuratore Generale della California sarebbe impegnato a indagare sulle azioni e i comportamenti di MPEG LA: l’associazione industriale – di cui fanno parte molti dei colossi dell’IT e dell’elettronica di consumo come Microsoft e Apple – intende usare il succitato patent pool come incentivo per il pagamento semplificato delle royalty dovute da Google e da chiunque intenda sfruttare i codec di WebM.
Qualora si individuasse un certo numero di brevetti utili a battere cassa alla porta di Mountain View, per l’ambizioso progetto open source WebM significherebbe perdere ogni appeal verso quella parte dell’industria interessata alla sua adozione – tanto più che H.264, codec licenziato ufficialmente da MPEG LA per scopi commerciali, viene generalmente visto come un’alternativa tecnicamente superiore.
I sostenitori di WebM dicono che le azioni di MPEG LA sono intimidatorie e contrarie al regime di libera competizione, e mentre si attende l’ufficializzazione delle indagini del DoJ i portavoce dell’organizzazione respingono le accuse e rilanciano: VP8 – codec video gestito sotto l’ombrello di WebM – sfrutta sicuramente brevetti già registrati in precedenza e per questo chi lo usa deve pagare.
Alfonso Maruccia