Era stato lanciato in beta privata un mese fa, pronto a battere sul tempo le strategie ancora teoriche di giganti come Google e Apple . mSpot è ora un servizio per tutti, recentemente inaugurato dagli alti vertici dell’omonima startup di Palo Alto, specializzata nei servizi d’intrattenimento mobile .
E pare proprio che quello offerto da mSpot sia un servizio unico nel suo genere, garantendo a tutti i suoi utenti il trasferimento di musica in streaming dalla cloud a una serie di dispositivi, sia fissi che mobili . In altre parole, dando loro la possibilità di ascoltare cataloghi e playlist in ogni momento e in qualsiasi situazione .
Basterà installare uno specifico software – sia in ambiente Windows che Mac – che provvederà alla sincronizzazione dei brani all’interno di un archivio presente sui vari server di mSpot. Da qui, la possibilità di ottenere la propria musica in streaming anche su dispositivi mobile, attualmente limitati a quelli Android .
mSpot metterà a disposizione – ed in maniera gratuita – uno spazio personale di circa 2GB , ovviamente aumentabili in seguito a pagamento. Un blocco da 10GB costerà circa 3 dollari, che diventeranno quasi 14 per uno spazio di 100GB, che può ospitare 80mila brani. Tutto chiaro, ma c’è un problema.
Come spiegato dallo stesso CEO di mSpot, Daren Tsui, il suo servizio non ha stretto alcun accordo di licenza con le varie sorelle del disco . Proprio mentre Google e Apple sono alla ricerca di strette di mano che diano il via libera ad operazioni simili a quella di mSpot. C’è chi a questo punto ha ipotizzato un futuro poco sereno per il servizio in the cloud di Palo Alto. Un futuro che potrebbe essere fatto di letteracce e denunce da parte delle major.
Mauro Vecchio