Sarebbe potuto essere un nuovo, portentoso Napster capace di gettare nello sconforto più totale l’industria musicale, e invece pare che Mulve sia già caduto vittima della potenza delle major del disco . Stando a quanto sostiene TorrentFreak , i gestori del servizio hanno ricevuto una richiesta di rimozione (secondo quanto stabilito dal Digital Millennium Copyright Act statunitense) che li ha costretti a rendere di fatto il software inutilizzabile. Almeno per il momento.
Mulve ha conquistato le cronache dei giorni scorsi per la natura innovativa del suo servizio di download di brani musicali: gli utenti del software hanno la possibilità di fare una ricerca per la traccia desiderata, Mulve restituisce una serie di risultati e permette il download dei file. Nessuna attività di upload, nessuno scambio di pacchetti di tipo peer to peer, Mulve (contrazione di “Music Love”) è nei fatti un downloader che attinge direttamente dai server remoti del social network russo Vkontakte .
L’estrema praticità del download, la vastità del “catalogo” di contenuti disponibili (10 milioni di file, sostengono gli sviluppatori) e la semplicità di utilizzo del servizio erano certamente caratteristiche allettanti per gli utenti, che hanno infatti preso d’assalto il servizio generando decine di migliaia di richieste di accesso quotidiane al sito .
La popolarità di Mulve non è passata inosservata alle major del disco, e nelle ultime ore RIAA ha prontamente spedito la sua prevedibile richiesta di take down che ha costretto la messa offline di un componente del servizio ospitato su server statunitensi. Storia già finita per il Napster del nuovo millennio?
Niente affatto, promette chi ha creato Mulve. Il servizio di download musicale più semplice mai realizzato è solo temporaneamente fuori gioco, tornerà presto a essere pienamente operativo e gli aggiornamenti in cantiere porteranno miglioramenti al software. RIAA e il Napster russo potrebbero pareggiare e la palla verrà ancora una volta messa al centro del campo di questa ennesima battaglia per il copyright dei contenuti digitali.
Alfonso Maruccia