Rupert Murdoch, vista l’età e la portata del suo successo, non sembrerebbe avere nulla da imparare: tuttavia la saggezza del proverbio sulla botte piena e la moglie ubriaca potrebbe essere una lezione che gli costerà cara. La scelta di andare in controtendenza rispetto al modello editoriale che fin ad ora ha proliferato in Rete (basato sull’accesso gratuito ai contenuti retribuiti via introiti pubblicitari) bloccando l’accesso alle pagine delle sue testate The Times e The Sunday Times dietro un muro digitale e chiedendo un pedaggio direttamente ai lettori sembra disincentivare sia i lettori che gli inserzionisti.
Per quanto la diretta correlazione potesse sembrare scontata, secondo il tycoon dell’editoria il paywall avrebbe garantito una maggiore accesso ai dati dei lettori , permettendo, di conseguenza, di valorizzare la pubblicità. Insomma, qualità in luogo della quantità e raccolta di maggiori informazioni possibili rispetto alla mera distribuzione di contenuti capace di attirare utenti sconosciuti .
Al contrario, la mossa non sarebbe affatto piaciuta agli inserzionisti, che ora non possono più disporre di quei numeri di lettori che rendono una pagina appetibile: né l’una e né l’altra forma di retribuzione sarebbe efficacemente garantita dal sistema implementato per il Times e la sua versione domenicale.
L’ emorragia di lettori , infatti, sembra essere stata così drastica da spingere anche gli inserzionisti a guardare altrove. L’agenzia pubblicitaria MEC (che include clienti come Lloyds Banking Group, Orange e Chanel) avrebbe commentato che “non essendovi traffico, semplicemente non c’è motivo di farvi pubblicità”: secondo loro fonti le impression del Times sarebbero crollate del 90 per cento da quando sono stati introdotti i pedaggi.
Questi dati, d’altronde , sarebbero solo in parte confermati dalle statistiche ComScore che vedono le due testate aver perso 1,2 milioni di visitatori dei 2,8 su cui si poteva contare quando l’accesso era gratuito, con le pagine visualizzate crollate da 29 milioni a 9 milioni in appena un mese.
In ogni caso, e a maggior ragione considerando che le cifre non sono quelle ufficiali dell’editore, il dibattito sul paywall resta aperto: non è più, d’altronde, solo una questione di mercato ma il tentativo di imporre un nuovo modello culturale contrario alla divulgazione gratuita dei contenuti e opposto a quello dell’editoria gratuita finanziata dalla pubblicità.
Su questa trincea si stanno schierando le aziende concorrenti . In mezzo – sospese fra le due visioni strategiche sul futuro del mercato dell’editoria – le applicazioni a pagamento per dispositivi mobile come iPhone, Android e iPad , appoggiate sia da Murdoch che, da ultimo , da Jimmy Wales, fondatore del sito alfiere del modello gratuito Wikipedia.
Claudio Tamburrino