Lo avevamo anticipato in tempi non sospetti, perché era chiaro fin dalla prima ora: il mondo musicale sarebbe stato un contesto emblematico per leggere la crisi sanitaria ed economica attuale. Lo è per due motivi: primo, perché è inevitabilmente tra quelli più colpiti; secondo, perché è tra quelli che nel tempo ha dimostrato di avere il maggior dinamismo per adattarsi, reinventarsi e reagire ad ogni tipo di pressione. La musica non è soltanto ascolto, ma è anzitutto socializzazione: la musica è causa prima di assembramento, nella più nobile e ricca delle accezioni, e con i primi DPCM di chiusura si è assistito pertanto allo spegnimento di microfoni di enorme importanza sociale.
A distanza di poche settimane dal nostro primo allarme e dalle nostre prime proiezioni sul futuro prossimo, il mondo musicale accende i microfoni per un istante cercando di far sentire le proprie istanze.
L’impatto sul mondo musicale
Il fermo delle attività ha prodotto in poche settimane effetti catastrofici sull’occupazione del settore. Se si considerano i numeri del 2019 della Fondazione Symbola, che include tutti lavoratori della “event industry” il numero di lavoratori impiegati nel 2019 era di 416.080 addetti. Questo porta il numero di persone che oggi non stanno lavorando a circa 374.000. In questo momento, dunque, a seconda delle stime, ci sono tra le 300.000 e le 380.000 persone legate al mondo dello spettacolo e della cultura che in Italia non stanno lavorando.
Un mondo estremamente variegato, che mette insieme tanto la distribuzione digitale quanto i grandi eventi, ossia i due grandi motori di introito per il comparto. Con due trend opposti: da una parte ci sono con ogni probabilità ascolti in aumento sulle piattaforme streaming (ove però il dibattito sulla redistribuzione dei diritti è in auge ormai da tempo) e dall’altra c’è il mondo degli eventi del tutto appiedato senza possibilità di ripresa in tempi brevi.
Le riserve di cassa si stanno azzerando rapidamente e tante imprese non riusciranno a far fronte ai pagamenti con una diffusa crisi di solvibilità nel settore, anche per imprese con bilanci solidi prima del Covid-19.
Il comparto porta dunque avanti dieci proposte al Governo, riassunte da una lettera aperta (pdf) nella quale si affrontano le varie problematiche. Tra le varie proposte (alcune di matrice operativa, altre di natura fiscale) vogliamo metterne in evidenza alcune che possono avere un impatto significativo sul mondo digitale:
- “Creazione di un bonus cultura per le famiglie (estendendo l’attuale bonus per i diciottenni)“: un bonus similare porterebbe giocoforza ad un aumento della fruizione di contenuti culturali di fatto sopperendo al calo dei consumi. Si tratterebbe, ovviamente, di un consumo tutto orientato alla dimensione digitale, perché è su questo fronte che si andrebbe a consumare l’incontro tra il cittadino e l’artista attraverso i suoi contenuti. Nel momento si pensava di tagliare i fondi al programma 18app, insomma, se ne chiede una estensione funzionale per giusta causa;
- “IVA al 4% per la musica e lo spettacolo, così come avviene per i libri. La discriminazione sull’imposta è storicamente incomprensibile e lo è tutt’ora in questa fase di crisi sistemica nella quale è necessario al più presto rilanciare i consumi“: questo comporterebbe un abbassamento teorico del costo finale dei prodotti, oppure con ogni probabilità significherebbe un aumento netto degli stessi poiché ad essere decurtata sarebbe l’iva e non il costo finale. Lo stimolo non sarebbe infatti pensato per i consumi, ma per gli introiti: lo stimolo ai consumi non dovrebbe avere baricentro su una politica di abbassamento dei prezzi, ma su di una strategia ben più aggressiva.
La lettera, firmata da AFI, Anem, Assomusica, FEM, FIMI e PMI, chiede inoltre due cose ulteriori. La prima è del tutto lecita ed opportuna, fondamentale per orientare ogni decisione di rilancio nella cosiddetta “fase 2”:
Apertura di un tavolo tecnico di confronto con il Comitato tecnico-scientifico e la Task Force presieduta dal Dott. Colao con la presenza di una rappresentanza delle Associazioni in grado di fornire indicazioni sugli strumenti di controllo e prevenzione da adottare in futuro alla ripresa delle attività live. In questa sede dovranno anche essere studiati sistemi per la formazione del personale di sicurezza sull’utilizzo delle strumentazioni – come termoscanner – per la ripresa dell’attività dei concerti live.
La seconda richiesta appare invece meno opportuna, poiché – ad oggi – interpretabile più che altro come una forzatura: chiedere “certezze sui tempi per la ripresa delle attività ai fini dei una efficace programmazione dei lavori” è pleonastico nel contesto di una intera Italia che chiede la stessa cosa ad un Governo che non ha la possibilità di fornire certezze in tal senso. La velocità delle istituzioni e la pazienza delle parti produttive dovranno andare di pari passo, cercando armonia in questa unione di intenti.