I dati che fotografano il mercato della musica lo confermano con chiarezza: il digitale si avvia a trainare i fatturati e, nel segmento, spicca sempre di più il valore dello streaming, dei servizi dedicati alla musica consumata sotto forma di abbonamento o, in alcuni casi, supportata dall’advertising. Questa tendenza fa assurgere lo streaming a modello di business su cui scommettere ma, fra aspettative e esperimenti, fra le rimostranze degli artisti e gli entusiasmi di artisti riciclati nel management come Trent Reznor, le incognite sono ancora molte.
Non sono solo i dati che emergono dai mercati più vasti, come quello statunitense , a mostrare l’ascesa dello streaming: anche in Italia, come ben illustra il report di Deloitte per FIMI che analizza i primi nove mesi del 2014, la musica consumata come servizio sta vivendo un periodo di rigogliosa crescita. Se negli States il fatturato raccolto con i servizi di streaming è cresciuto da gennaio a giugno del 28 per cento, il mercato italiano dello streaming conta su una crescita dell’89 per cento rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Tra servizi in abbonamento (+ 109 per cento) e servizi alimentati dalla pubblicità (+ 78 per cento), si sono raccolti 19.442.266 euro, vale a dire il 26 per cento del mercato musicale e il 57 per cento del mercato limitatamente al comparto digitale : come già emerso nei mesi scorsi, lo streaming in Italia vale più di quanto valgano i download, in calo del 20 per cento.
Sono dunque in molti a puntare sui servizi di streaming come chiave per conquistare le platee dei fruitori di musica: Apple, con iTunes che si mostra investito dai succitati sommovimenti nelle abitudini di consumo con dei sensibili cali nel fatturato afferente alla musica, sta lavorando per trovare una collocazione alla recente acquisizione di Beats Music, fagocitato per tre miliardi di dollari. Parte della squadra sarà anche Trent Reznor , che da tempo si distingue per la propria carica innovativa sul fronte del mercato della musica: il frontman dei Nine Inch Nails, già Chief Creative Officer di Beats, è stato investito da Apple di un ruolo tanto “eccitante” quanto, per ora, avvolto dalla riservatezza. Se Apple, in attesa della concretizzazione del progetto, si accontenta di cavalcare la popolarità dei nomi celebri assoldati per abbozzare scenari rivoluzionari , le parole di Reznor suggeriscono che il cambio di prospettiva è pienamente in atto : “Il concetto di possesso sta declinando. Tutti ormai sono a proprio agio con il cloud: che importanza ha sapere dove risiedono i documenti quando sono a disposizione nel momento del bisogno? – esemplifica Reznor – L’idea che io abbia i miei dischi schierati sullo scaffale non è più importante per me come lo era un tempo”.
Se la domanda scalpita, sul fronte dell’offerta restano però da bilanciare certi equilibri: uno dei più intricati nodi che sarà necessario sciogliere con l’affermazione definitiva dei servizi di streaming sarà quello della retribuzione degli artisti . Da tempo gli autori hanno ingaggiato un braccio di ferro con i gestori delle piattaforme di streaming, da Spotify a YouTube : temono che il modello di business dello streaming, che potrebbe rappresentare un’occasione per svecchiare un mercato tradizionalmente filtrato dagli intermediari, abbia imboccato la strada dei modelli tradizionali che relegano l’autore all’ultimo posto della catena del valore, compensato con gli spiccioli. Gli ultimi ad alzare la voce per rivendicare una posizione sul mercato dello streaming sono i musicisti e i compositori raccolti nell’ International Council of Creators of Music (CIAM), nella International Confederation of Societies of Authors and Composers (CISAC), in Music Creators North America (MCNA) e nella Society of Composers, Authors and Music Publishers of Canada (SOCAN): nello studio elaborato sull’onda dell’ascesa della musica come servizio chiedono maggiori remunerazioni a favore dei detentori dei diritti (non meno dell’80 per cento del fatturato delle piattaforme di streaming, a fronte del 60-70 per cento praticato attualmente), e una equa spartizione degli incassi fra le etichette e i creatori di musica.
Trent Reznor per anni è stato una audace difensore dei diritti degli artisti contro lo strapotere di etichette che non sapevano aggiornarsi all’evoluzione del mercato: la “giusta formula”, secondo Reznor, sarebbe ancora da elaborare, ma lo streaming, a parere dell’artista, “potrebbe rappresentare la soluzione dei problemi” che finora hanno frenato il mercato musicale, sia dal punto di vista dei consumatori che dal punto di vista dell’industria.