Sconterà 20 anni e 6 mesi di carcere per aver posseduto dei video compromettenti, per aver riversato nei post del suo blog le proprie preoccupazioni riguardo all’assottigliarsi delle libertà concesse ai cittadini del Myanmar.
Nay Myo Kyaw, altresì noto come Nay Phone Latt, era stato tratto in arresto lo scorso gennaio: vicino al partito di opposizione, la Lega Nazionale per la Democrazia, aveva seguito passo passo il dipanarsi delle proteste condotte dai monaci. Oltre ad aggiornare i suoi concittadini attraverso il suo blog , aveva sfidato le censure e la propaganda offrendo alla rete una testimonianza attraverso una campagna informativa condotta via email per documentare, attraverso cronache e foto, gli eventi dello scorso settembre. Aveva inoltre dato spazio nel suo blog ad una vignetta satirica che raffigurava il capo della giunta militare.
La sentenza è stata formalizzata da un tribunale di Rangoon: Nay Phone Latt non ha potuto contare sull’appoggio del suo legale, a sua volta incarcerato per oltraggio alla corte, ed è stato condannato a 15 anni di carcere sulla base della legge che punisce i cybercriminali, a 2 anni per “aver creato allarme” presso i suoi concittadini, a 3 anni e mezzo perché riconosciuto in possesso di un video che non avrebbe dovuto circolare.
Insieme a Nay Phone Latt le autorità del Myanmar hanno scodellato una condanna nei confronti di un altro attivista, il poeta Saw Wai, per aver pubblicato un libello in versi che si scagliava nei confronti delle autorità del paese in cui vive. Accusato di diffamazione, dovrà scontare due anni di carcere. Ma sono in molti i dissidenti che il governo sta tentando di ridurre al silenzio dietro alle sbarre.
“Le autorità hanno imposto una punizione straordinariamente severa a Nay Phone Latt solo per aver usato Internet – denunciano Reporers Sans Frontières e Burma Media Association – questa sentenza impressionante ha l’obiettivo di terrorizzare coloro che si rivolgono all’online per tentare di eludere il controllo pervasivo operato dalla dittatura sulle notizie e sull’informazione”. Un controllo che, fra tariffe proibitive e blocco di link non risparmia la rete.
Gaia Bottà