MySpace, molestare online è cracking

MySpace, molestare online è cracking

Si è registrata a MySpace sotto mentite spoglie, ha tormentato una 16enne che poi si è suicidata. Rischia 3 anni di carcere per accesso fraudolento ai server del social network
Si è registrata a MySpace sotto mentite spoglie, ha tormentato una 16enne che poi si è suicidata. Rischia 3 anni di carcere per accesso fraudolento ai server del social network

Il primo processo per cyberbullismo si è concluso con una condanna: una donna rischia di dover scontare un massimo di tre anni di carcere e di dover corrispondere una multa di 300mila dollari. Si era finta un ragazzino, aveva intessuto uno scambio di messaggi con una giovane vicina di casa. Che si è suicidata.

La vicenda risale al 2006: Lori Drew è una 49enne del Missouri, è vicina di casa della 13enne Megan Maier. Una ragazzina fragile, che prima si è lasciata avvincere dalle parole dolci di un presunto 16enne conosciuto su MySpace, che poi non ha retto alle provocazioni e alle crudeltà del suo interlocutore. Dietro al profilo del giovane di cui subiva le angherie c’era Lori Drew, insieme a due complici. Il caso aveva mobilitato la rete , i netizen erano in cerca di giustizia; i media e i politici avevano imputato la responsabilità alle dinamiche della rete, ai rapporti malsani che si intessono dietro i profili dei social network.

Drew era stata condotta di fronte ad un tribunale locale: il giudice aveva gettato la spugna, aveva ammesso di non avere alcuna base di natura legislativa su cui imperniare l’accusa. Il caso era così stato trasferito presso una corte di Los Angeles: il procuratore federale aveva orchestrato la propria accusa usando come appiglio il Computer Fraud and Abuse Act , una legge anticracking del 1986, e la violazione delle condizioni contrattuali di MySpace. Drew è stata accusata di associazione a delinquere e sarebbe responsabile di essersi registrata con un nome fasullo e quindi di aver guadagnato accesso ai server di MySpace in maniera fraudolenta . La donna rischiava di essere accusata di un reato penale.

La sentenza è stata ora emessa. La colpa della donna sarebbe quella di essersi registrata a MySpace sotto mentite spoglie: il legale della donna ha argomentato spiegando che solo in casi isolati il netizen investe il proprio tempo nel leggere le condizioni di utilizzo dei servizio che tutti regolarmente violano registrandosi con gli pseudonimi più improbabili. La giuria non si è lasciata convincere dai sillogismi della difesa: il reato penale è stato escluso perché le intenzioni della donna non sarebbero state quelle di danneggiare la 13enne, per questo motivo è stata considerata colpevole di illeciti civili . Potrebbero costarle 300mila dollari e tre anni di carcere .

“Quello che insegna questo caso è che il Computer Fraud and Abuse Act è uno strumento importante nell’arsenale federale per combattere i reati commessi per mezzo del computer” spiegano i legali consultati a riguardo. I netizen non mostrano lo stesso entusiasmo nei confronti di una sentenza che trasforma una legge anticracking in una ghigliottina per molestatori, che trasforma una violazione delle condizioni del servizio in un’occasione di commettere un reato: tutti coloro che si rappresentano in rete con uno pseudonimi rischiano il carcere? Un portavoce del procuratore ha temperato però le apprensioni chiarendo che non è intenzione muovere contro coloro che gestiscono un profilo che non corrisponde alla loro identità: “questo è un caso isolato – ha chiarito – e ha condotto a conseguenze tragiche”.

Ma se Drew è stata condannata sulla base di contorsioni legali che potrebbero attentare alla libertà dei netizen, si stanno formalizzando delle leggi create ad hoc per gestire i molestatori che operano al di là di uno schermo: il Missouri, stato in cui si è dipanato il caso di Lori Drew, è stato uno dei primi a muoversi.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
28 nov 2008
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