MySQL non ha certo bisogno di presentazioni, è il database open source più diffuso in assoluto: Sun Microsystems ne ha annunciato l’acquisizione – che si è conclusa il 26 febbraio – per la considerevole cifra di un miliardo di dollari, quotazione comunque in linea con le valutazioni di mercato.
La quotazione di borsa ne ha tratto giovamento, indice che agli analisti la mossa di Jonathan Schwartz, CEO di Sun, è piaciuta: l’azienda completa così uno stack applicativo che, partendo dal sistema operativo e arrivando fino al database – passando per un middleware che da sempre è appannaggio di Java – permette di aggredire il mercato con un’offerta completa.
Un’offerta completa almeno quanto quella di Oracle, colosso che partendo dal database ha conquistato – con poche armate, visto che il territorio non era poi così difeso – un altro sistema operativo, quello di Red Hat, rinominato per l’occasione Oracle Linux. Ora si sta prendendo anche il middleware della tanto corteggiata BEA Systems, che lo scorso mese ha finalmente ha ceduto alle lusinghe, e ai tanti miliardi, di Mr. Larry Ellison (il CEO di Oracle, NdR).
Non è detto che l’acquisto di MySQL si dimostrerà un affare – la società fattura appena qualche decina di milioni di dollari – ma di sicuro non si rivelerà una cattiva transazione: dopo tutto Schwartz non è alla guida dell’Inter e non c’è pericolo che il campione di turno si trasformi in brocco. È però vero che, da quando ha preso le redini di Sun, le quotazioni non sono mai decollate, anzi hanno subìto strane flessioni verso il basso: questo nonostante l’azienda abbia cambiato la sigla con cui è quotata al NASDAQ da SUNW a JAVA e abbia effettuato lo split 4 a 1 (quattro azioni “vecchie” cambiate con una azione “nuova”) per dare nuovo vigore alla quotazione e attrarre l’interesse degli investitori istituzionali (che generalmente si tengono lontani da società il cui valore per azione è inferiore ai 10 dollari).
Gli obiettivi, a dire il vero, sembrano chiari: dove c’è MySQL c’è quasi sempre Linux, e questo non è “buona cosa” (per Sun, ovviamente). Si cerca di sostituire quella “L” di LAMP (Linux Apache MySQL PHP) con una bella “S” di Solaris o, nel caso peggiore, con l'”OS” di OpenSolaris. Ma SAMP e OSAMP (a cui un altro colosso del settore vorrebbe aggiungere un WAMP o, ancor meglio, un WIMP) non suonano così bene come LAMP: chissà che questo non sia un segno per fermare gli attacchi e ritirare la carta, sperando in un bel tris e tanti carri armati al prossimo turno.
MySQL, dal canto suo, trarrà beneficio dalla “benedizione” di Sun in tutti quegli ambiti, quali le aziende elencate nella classifica Fortune 500, che sono auto-referenziati. Almeno questo è quello che si aspettano un po’ tutti. L’azienda guidata da Schwartz ha una presenza consolidata su molti mercati, con una forza commerciale rilevante, unita ad una rete di partnership in grado di amplificare il messaggio di novità. Ne è un esempio l’ultima campagna, lanciata dalle pagine del Wall Street Journal (che sembra ormai divenuto un trampolino obbligato per il lancio commerciale di certi progetti open source): “And if you are thinking Wow, the world just changed , you are right. It did”.
Saranno molti i nodi da sciogliere in futuro: credo che un po’ di cultura enterprise ai vertici di MySQL non guasterà – in questi anni c’è stata un po’ di schizofrenia commerciale, cambiando spesso obiettivi in corsa senza motivi apparenti (qualcuno ricorda la sterzata verso SapDB, messo poi da parte senza troppi complimenti?) – come non guasterebbe un approccio al mercato un po’ più innovativo rispetto alla banale imitazione delle strategie seguite da Red Hat.
In ogni caso i saldi continuano, e per il futuro sono attese altre acquisizioni. Adesso devo scappare, mi stanno attaccando la Kamchatka .
Patrizio Tassone
Direttore editoriale di Linux&C
Consulente e fondatore della prima società partner di MySQL AB in Italia
Questo commento anticipato qui su Punto Informatico sarà l’editoriale del prossimo numero di Linux&C, in edicola a marzo.